Fratelli e sorelle nel Signore,
Isaia Profeta nella sua ‘piccola apocalisse’, dinanzi alle difficoltà del confronto con un mondo pagano che insidia Israele, ci raccomanda di guardare oltre il presente, di fidarci di Dio: “dite agli smarriti di cuore «coraggio! Non temete»”[1]. Questa esortazione vale anche oggi. Lo stile di vita dell’Occidente, presentato al mondo intero come ideale, e le continue violazioni del creato hanno provocato una crisi mai vista prima.
Talvolta si sente rimpiangere un passato idealizzato. Anche Orazio ci insegna che si sono dimenticate le difficoltà di un tempo e dunque non si sentono più come un’insidia. In modo acritico, si ha invece paura del nuovo, dei cambiamenti. Noi cristiani sappiamo comunque che anche il nuovo, con i suoi mutamenti non sfugge alla Divina Provvidenza[2].
Lasciatemi dire la gioia che provo a fare l’Eucaristia insieme con voi. Siamo i “buoni samaritani”[3] che il Signore ha mandato in ogni comunità della nostra Chiesa diocesana “per consolare gli afflitti, per fasciare le piaghe dei cuori spezzati”[4].
Ringraziate con me il Signore, perché ci siete, perché nessuno ha abbandonato il popolo che ci è affidato.
- Il dono del sacerdozio ministeriale e di quello comune a tutti i battezzati
Il Profeta ci ha appena ricordato che siamo stati scelti. Il Signore ha chiamato ciascuno di noi, per proseguire nel tempo la missione degli Apostoli, che è innanzitutto quella di attualizzare i frutti della Passione e della Resurrezione del Signore.
In un momento complicato e difficile come quello che la nostra gente sta vivendo, a noi è affidato il compito di consolare gli afflitti, di fasciare i cuori feriti. Il “lieto annunzio da portare ai miseri”[5] è il futuro di questa Chiesa. Attraverso di noi, il Signore fa giungere il suo messaggio e la sua Grazia.
I primi a essere confortati siamo noi, nella misura in cui percepiamo la dimensione soprannaturale del ministero della consolazione. Non lo sterile pietismo, ma la fede che salva. San Paolo insegna che in Cristo Gesù non sono le forme che contano, “ma la fede che opera per mezzo della carità”[6]. Con il Sacramento dell’Ordine è affidato a noi di provvedere non solo ai bisogni materiali, ma di far giungere a tutti il dono dello Spirito Santo, come si canta nella Sequenza della Messa di Pentecoste[7].
Ci è chiesto di dare coraggio a chi è stato provato dal dolore, ma anche a quelli che si sono smarriti nelle vicende terribili di questi mesi. Gesù dice di se stesso: “Io sono la via, la verità e la vita”[8]. Sant’Agostino spiega che Cristo si è fatto via, perché, fidandoci di lui, otteniamo la fede che ci fa liberi, cioè la vita.
Il nostro ministero sacerdotale, qui presente nella pienezza e in tutti i gradi del Sacramento dell’Ordine, ci fa rivivere la nostra vocazione al sacerdozio e alla missione. Ci è chiesto di recuperare nella Chiesa Madre il profumo del Crisma, cioè di acquisire ancora la consapevolezza che è valsa proprio la pena essere ministri del Signore, in mezzo al suo popolo.
Quest’oggi salutiamo tra noi, come un grande segno di Benedizione, tre dei Vescovi, figli di questa Chiesa. Ci rallegriamo per il gran numero di presbiteri qua convenuti e dei diaconi presenti.
- Tocca alla Chiesa far da lievito dentro la massa, perché diventi pane che sfama tutti
A noi è affidato il Vangelo. Il nostro compito non è quello di ripristinare ciò che è andato perduto in questi mesi, ma, come nei grandi momenti nella storia, tocca alla Chiesa far da lievito dentro la massa, perché in ogni sua parte tutto lieviti.
Per essere ministri del Signore, occorre conoscerlo. Un’intensa vita spirituale, in ascolto della Parola, fatti forti dall’Eucaristia e dei Sacramenti: sono i doni di cui siamo ministri in mezzo al popolo di Dio, “sacerdos propter populum”[9].
Ci è chiesto di avere fiducia nello Spirito Santo per costruire, insieme con la gente, il nuovo. Una Chiesa dell’ascolto della Parola e dei bisogni della gente sarà capace delle meraviglie che Papa Francesco ci ha ricordato. Da questa consapevolezza è nato il nostro Sinodo Diocesano.
Siamo gli eredi di una storia molto bella. Mi piace ricordare che di questo presbiterio fanno parte i tanti sacerdoti esemplari che sono impegnati quotidianamente a far passare l’utopia nella storia.
Quando ci prendesse la tentazione dello sconforto, ricordiamo che siamo sorretti dall’intercessione dei Santi preti che sono venuti prima di noi e hanno servito questo stesso popolo. Hanno predicato la vita eterna e hanno praticato la carità della preghiera nella meditazione delle Scritture, nella pratica delle virtù, liberando con umiltà il cuore dalla superbia e dall’arroganza, avvezzi a contemplare la Croce del Signore, segno della sua vittoria, partecipata a chi si fida di lui.
Ministri del Signore sono quelli che vanno in cerca della pecora smarrita, perché noi stessi siamo stati ritrovati da Gesù, che non cessa di cercarci. Il tesoro di questa Chiesa, punteggiata da una storia di Santi, è di riscoprirci perdonati, perché possiamo vivere a tempo pieno la nostra condizione di pastori che non badano a se stessi, ai propri interessi, ma cercano di imitare la generosità di Cristo, mettendo tutte le proprie forze al servizio del Regno. Il fascino di una vita alternativa, tutta spesa per Gesù e il suo popolo, è ancor oggi possibile e bello: tocca a noi crederlo e operare dentro questo modello, che è la vera tradizione: farsi cibo per gli altri.
Ho incontrato nella mia vita sacerdoti che mi hanno aiutato molto. Quando, giovanissimo, andai dal mio parroco a dirgli che credevo di avere la vocazione al sacerdozio, mi chiese in qual modo avrei voluto vivere la chiamata che mi pareva di avere. Mi venne spontaneo di rispondergli: “prete come te”.
L’esempio trascina, come quello dei tanti che, ancora oggi, non cercano una vita comoda, ma pensano agli altri, perché nel quotidiano si scorga il nostro essere ministri del Signore. Nella profezia del servizio, il popolo riesce a vedere che siamo Apostoli di Gesù.
Siamo qui per dirci insieme, anche quest’anno: «Eccomi Signore, fammi capire quello che vuoi da me; nella comunione con questi fratelli si manifesta la Tua presenza». “Qualunque sia l’interpretazione che daremo a questa superlativa espressione, ricorderemo che essa pone in chiave dell’ultima veglia di Cristo l’amore, che nelle stesse parole di lui sale alla vetta della sua misura. Nessuno ha amore più grande di questo, di uno che dia la vita per i suoi amici. Amare vuol dire dare; dare significa amare. Dare tutto, dare la vita”.[10]
- La Santa comunione si manifesta fortemente in questa liturgia
Costruire il nuovo significa far recuperare alla Chiesa la bellezza del Vangelo. Il popolo sarà confortato se ci vedrà impegnati in questa comunione che giustifica la faticosa presenza sul territorio.
Il celibato, che ancora una volta a promettiamo, è un bivio dove tocca a noi tornare a decidere se la nostra vita è una storia d’amore fino allo stremo delle forze, oppure un’occupazione in cui cercare sostentamento, ruolo sociale e motivazione delle nostre scelte.
Tra breve, i diaconi porteranno all’Altare gli Olii con il balsamo profumato che indica la presenza dello Spirito, che è il segno del nuovo. Il Sacro Crisma, che arriverà domani sera in tutte le nostre parrocchie come dono di questa comunità ministeriale, significa la nostra attenzione verso i piccoli, verso gli adulti che con il vostro aiuto hanno scoperto la bellezza di essere cristiani e la notte di Pasqua saranno battezzati.
Vi chiedo di non fermare la Celebrazione dei Sacramenti per paura della pandemia. Dobbiamo osservare scrupolosamente le norme sanitarie, ma non fermare la pastorale. I giovani della Cresima hanno fatto il loro cammino e sempre più si fanno strumento di Dio nel contesto umano in cui vivono: sono la generazione del nuovo. A loro è affidata la testimonianza perché si costruisca un popolo nuovo, una Chiesa nuova. Luoghi e spazi di novità che mi viene naturale contemplare negli occhi dei nostri seminaristi, che con il Crisma, a tempo opportuno, diventeranno sacerdoti.
L’Olio dei Catecumeni è il segno della lotta per difendere con la vita la fede, come gli antichi gladiatori romani che, prima di scendere in gara, si cospargevano d’olio per sfuggire alla presa dell’avversario.
Per diventare cristiano, è necessaria l’educazione. Vado, con il pensiero e la preghiera, ai tanti che si fanno carico dell’insegnamento. L’Olio dei Catecumeni è il segno del progetto di vita, di lottare contro il male senza paura.
Ci sono mali ancor più gravi della pandemia, che hanno reso vulnerabile l’Occidente, mischiando la libertà con l’arbitrio, il servizio con la pretesa, la perdita del buon senso con la caduta del senso del peccato.
Siamo ordinati al ministero della consolazione, a ricordare a tutti che Dio è un padre buono che perdona e ci viene incontro, come l’antico pastore che fa festa per ogni pecora ritrovata.
L’Olio degli Inermi è il segno sacramentale di questa cura che vogliamo assicurare a tutti. Vorrei che dicessimo insieme la nostra gratitudine a quelli di noi, preti e frati, che si sono fatti vicini ai malati, ma anche ai medici, agli infermieri e agli operatori del mondo della sanità. Esercitando il sacerdozio battesimale, hanno accompagnato con professionalità e con la preghiera quanti sono andati incontro alla vita eterna. La cura degli Infermi è anche aiutare gli altri e noi stessi a scegliere da che parte ci piace stare.
Da ultimo, la Messa Crismale è l’occasione per fare insieme l’Eucaristia, ciascuno con la propria identità e il proprio ruolo, in questa Chiesa che vuole essere tutta ministeriale.
Alle soglie della Pasqua, vogliamo ricordarci che “fare la Comunione” è certo cibarsi del Corpo e del Sangue del Signore, ma per non profanare il Sacramento non facciamo che il segno sacramentale sia un gesto senza conseguenze pratiche nell’ambito delle nostre relazioni.
Per essere in Comunione con Dio occorre prepararsi adeguatamente, scrutando le proprie coscienze per vedere se fummo liberi o meno. Perché la Comunione sia vera con il Cristo, che ha deciso nell’Ultima Cena di farsi nostro cibo, e con i fratelli, occorre
fare in modo che al segno sacramentale corrisponda fraternità tra di noi e carità verso tutti.
Miei cari fratelli e sorelle amate, sarà davvero Pasqua se questa Messa farà arrivare il profumo degli ideali e sostenere, con la Grazia Divina, il cammino verso la Pasqua eterna.
Dio e la Madonna ci attendono con tutti i Santi del Cielo, tra cui gli uomini e le donne giuste delle nostre famiglie.
[1] Is 35, 4
[2] Cfr Orazio, Ars poetica, 173 ss
[3] Lc 10, 25-37
[4] Is 61, 2-3
[5] Is 61, 1
[6] Gal 5,6
[7] Stefano di Langhton, Arcivescovo di Canterbury, sequenza Veni Sancte Spiritus: “Consolátor óptime, dulcis hospes ánimæ, dulce refrigérium. In labóre réquies, in æstu tempéries, in fletu solácium”
[8] Gv 14, 6
[9] Cfr San Tommaso d’Aquino, Summa Theol. III, q.82, a.3: «sacerdos constituitur medius inter Deum et populum. Unde, sicut ad eum pertinet dona populi Deo offerre, ita ad eum pertinet dona sanctificata divinitus populo tradere».
[10] Carlo Maria Martini, Il Gesù di Paolo VI, Milano 1985, p.150