Fratelli e Sorelle nel Signore,
Iddio ci dia pace
in questo giorno santo!
- Le ragioni della preghiera
Questa è la Festa della fede del popolo aretino, della nostra Chiesa che ama salire in Cattedrale per ridire, anche fisicamente, la certezza di essere ascoltati dalla Madre di Dio.
È la Festa della speranza di vedere aggiustate le situazioni difficili, che in ogni famiglia si pongono. È una festa identitaria, se ci sei, sei dei nostri: non solo chi viene a fare gesti religiosi, ma per tutti voi è una festa del cuore. È, in qualche modo, un’edizione rivisitata delle mura che il mio grande predecessore Tarlati fece alzare tutto intorno alla città: non già per difenderla da aggressioni di nemici che venissero da fuori, ma per dire “quelli che ci sono dentro, il pomerio, il cerchio delle mura, ecco questi sono gli aretini”. Tu puoi fare il medesimo discorso sul gran numero di persone che in questi dieci giorni sono venuti a venerare la Madre di Dio. Non ci credete quando sentite dire che il nostro popolo non ha più la fede. Certo, è una fede toscana, espressa in categorie personalizzate, ma chi osa violare il segreto delle coscienze? Non esiste un termometro per misurare la fede. Siamo invece chiamati a rispettarci in questa dimensione in più, rispetto a ciò che appare. C’è una storia interiore. Noi stiamo riaffermando in questi giorni la dimensione soprannaturale di ogni persona.
In una Liturgia che si svolge nel segreto delle coscienze, anche quanti non saliranno le scalinate del Duomo, ugualmente apriranno a Dio la propria interiorità. È la Festa della richiesta di aiuto e dunque del soprannaturale, è la Festa con cui ci si affida a Dio e a Maria, Madre di Dio.
- Il senso della fede espressa
A Cana di Galilea – il Vangelo che abbiamo appena ascoltato – non interessa tanto l’acqua trasformata in vino, quanto piuttosto riaffermare, con tutti quei commensali che rimasero stupiti, che Dio interviene, non ci lascia soli, non si dimentica di nessuno di noi. Stasera c’è offerto a tutti la possibilità di essere avviati a una storia nuova. Ci stai a fare il cristiano sul serio? Vi è data l’occasione di ricominciare. Se riuscissi a far passare ai nostri bambini questa certezza che abbiamo ricevuto dai Padri – Dio è con noi – il mondo sarebbe meno turbato.
Diciamo che è Padre, Padre Nostro. L’appartenenza alla famiglia di Dio, essere “figli” qualcuno lo manifesta con gesti esteriori, altri con interiore consapevolezza. Perfino tra gli uomini, chi è padre capisce i figli e soprattutto dove vede sofferenza non sta a guardare soltanto.
La fede cattolica, subito dopo aver affermato che Dio è Padre, aggiunge “onnipotente”, che è una parola di affidamento. È come dire “io so che tu sei capace di aiutarmi”. Quando mi fido, non pretendo effetti immediati, ma mi affido a Dio, che sa vedere anche al di là della montagna delle nostre illusioni, che talvolta ci impediscono lo sguardo globale sulla situazione che viviamo.
Dio Padre onnipotente, commentano i medievali, è provvido, cioè capace di provvedere. La Madonna stasera ci ha portato in Cattedrale per rivedere il sistema delle nostre convinzioni interiori. Il male si riconosce dalla sofferenza che provoca. Ma questo popolo che scorre davanti all’immagine della Madonna o, idealmente, si rivolge da lontano alla Madre di Dio, manifesta – ciascuno a suo modo – la certezza di essere ascoltato. La preghiera diventa espressione naturale.
- Pensiero sulla città
Pensiamo alla nostra città, ai trentacinque comuni della nostra Diocesi. La Madonna del Conforto è una delle rare occasioni in cui si accorciano le distanze tra la città dell’uomo e il popolo di Dio. Arezzo ha tante ricchezze culturali più che monetarie, più interiori che riscontrabili con i criteri sociologici. Tra questi tesori c’è anche la fede.
Secondo la cultura tradizionale toscana, bisogna avere estrema delicatezza, perché, a volte, chi ha occhi fini la fede la riconosce, ma deve avere il rispetto della storia interiore degli altri e non deve pensare che chi ha la fede si manifesti credente e neppure il contrario. Ognuno di noi ha i suoi tempi. Non forzare mai, rispetta tutti. Chi ha fede non deve pensare che chi non ce l’ha si manifesti contrario: anche quelle sono esibizioni. Applicare metodi sociologici per riscontrare la fede è assolutamente sbagliato. Lo sai te come ti poni davanti a Dio.
La Festa della Madonna del Conforto è uno di quei momenti in cui la Chiesa fa un passo indietro. Non si vanta, non cerca di capire oltre il consentito, non presuppone né si fa tronfia. Vede ciò che appare e capisce ciò che può.
Questa materia è così delicata nella quale non si può mai dire “siccome tu hai la fede, fai questo, quello o quell’altro ancora”, questa è una tentazione ricorrente nel nostro tempo che divide invece di unire. E chi divide è sempre il maligno. Ma che ne sai te nel cuore dell’altro cosa c’è? Non riesce facile capirlo nemmeno tra due persone innamorate, figuriamoci con il resto del mondo. Ci vuole delicatezza interiore: questo è il contenuto di questa Festa.
Fin dal primo anno che ebbi la grazia di essere Vescovo di Arezzo, chiesi ai fotografi di non fissare per immagini il volto della gente che fa la fila per arrivare davanti alla Madonna del Conforto. C’è una storia interiore che va rispettata. Alla stessa maniera, noi cattolici dobbiamo imparare a non usare le occasioni che capitano nel tempo per mischiare la religione con la politica: sarebbe lo stesso che confondere Pomaio con Agazzi. Sappiamo tutti che la Madonna è potentissima, perché è in cielo accanto al suo Divin Figlio, questo è materia del dogma di Pio XII: “se non fosse là, potrebbe quanto te”. Siamo pieni di raffigurazioni d’arte della Madonna, in tutto il territorio. Non c’è nessuna delle duemiladodici chiese della nostra Diocesi che non abbia un’immagine della Madonna. E questa che noi veneriamo quest’oggi racconta la provvidenza. Di fronte al popolo disperato – lo sapete tutti –, di fronte al terremoto, quando non hai più nessuna certezza materiale, quei tre poveri disgraziati in via Vecchia erano pieni di fede. Il Vescovo Albergotti, una settimana dopo il prodigio, scriveva a tutti i Vescovi del Granducato “Dio ha fatto un miracolo: tutti gli aretini sono tornati in chiesa”. E io questo chiedo oggi: ognuno a suo modo, con grande rispetto per tutti. Che questa non sia una Festa dell’esteriorità, ma sia la via per ritrovare il Signore nella tua coscienza: in interiore homine habitat veritas. C’è una storia interiore che va rispettata.
La fede è una virtù teologale e quindi dono di Dio. Se si ha il rispetto dovuto alle cose sante, si manifesterà il ricordo consono al discernimento dei tempi e dei modi. Credo che quanti hanno compiti educativi, a cominciare dai genitori, devono saper leggere, in questa Festa, il cammino che è la storia personale di ciascuno. Credo che si diventi significativi dentro la città se si ha il coraggio del rispetto. Fede e identità aretina possono essere temi che si confrontano vicendevolmente nel tempo.
Centoventi persone, ragazzi e ragazze, hanno lavorato alla maniera sinodale e hanno consegnato al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi le risposte da dare al Papa e state sicuri che risponderà. Credo che in questo dialogo sia la nostra forza.
Ringraziamo con gioia il Signore per questo giorno di Festa in onore della Madonna e chiediamo a Dio di farci far bene la nostra parte.