Correva l’anno 1264 e Papa Urbano IV, allora accastellato a Orvieto, con un efficace ripensamento della teologia medievale, ci consegnò una riflessione di cui ancor oggi non possiamo fare a meno: è il rapporto tra l’ultima cena nel Cenacolo di Gerusalemme, dove fu avviata, per suggerimento del Signore, la sua presenza nell’Eucarestia – “Fate questo in memoria di me”[1] – e la città dell’uomo.
- La forza dell’Eucaristia
Ogni civiltà concepisce a suo modo il rapporto con Dio, chiamato in “mille” modi diversi a secondo della sensibilità dei pensatori, ma, essendo unico, è sempre lui che noi cristiani amiamo chiamare Signore.
La contrapposizione tra sacro e profano risente fortemente della impostazione ideologica pagana: un tempio riservato a Dio e un luogo, davanti al tempio “pro fanum”, riservato alla vita dell’uomo.
La Bibbia, con un lungo percorso, che parte dalla Creazione e arriva alla Resurrezione di Gesù, mette in discussione il paganesimo, sempre risorgente; il popolo di Dio è ben consapevole che non esiste uno spazio umano inaccessibile al Signore e tutto ciò che è dell’uomo, persino la trasgressione della Legge, evoca la presenza di Dio. La grande intuizione di Papa Urbano IV è ancora attualissima: quel Pontefice antico chiede ai cristiani di non rinchiudere la Santissima Eucarestia nelle sacrestie, ma di portarla per le vie della città.
Il Corpus Domini è una sfida per la Chiesa, che è chiamata a rendersi conto che il rispetto che la gente dà alla presenza reale di Cristo in mezzo al suo popolo non è fatta di esteriorità, ma di pratica della carità. Cioè nella misura che la gente di ogni luogo e tempo si rende conto che i comportamenti dei cristiani secondo il Vangelo, traggono la loro ragion d’essere proprio nella presenza del Signore. La Eucaristia è la forza che sostiene i comportamenti alternativi del popolo di Dio, la presenza che rende possibile vincere l’egoismo, lasciar4 da parte la cattiveria e diventare buoni verso il prossimo.
- Camminare in mezzo alla gente, dentro la città dell’uomo
Il gesto che tra breve faremo secondo la tradizione cristiana di Arezzo ha una duplice valenza. Per un verso ci ricorda che la vita umana è un cammino, un passaggio dentro questo mondo, una presenza dinamica, ma la patria, ricorda Sant’Agostino è più in là. Ci è chiesto di appassionarci alle cose belle che incontriamo, ammirandole e godendole come pellegrini, senza dimenticarci il bello che ci attende alla fine del percorso[2].
Questo serve a non eludere l’opportunità di dare il proprio contributo alla parte della storia di cui siamo artefici, di lasciare il mondo meglio di come lo abbiamo trovato. Insegnava Lord Baden Powel ai ragazzi del suo tempo[3].
L’impegno nel mondo è per noi cristiani una missione e una vocazione. A ogni discepolo di Cristo è chiesto di fare del proprio meglio per aiutare gli altri. Questo è il senso del lavoro che la tradizione biblica ci fa riscoprire come uno dei modi per professare la nostra fede. Le professioni sono anzitutto luoghi dell’essere, prima che del fare e del guadagnare.
Il breve cammino che faremo insieme, portando con noi il pane eucaristico ricavato dalla messa che stiamo celebrando ci ricorda il percorso della nostra vita e il senso del nostro lavoro. Lungo le strade di Arezzo siamo come l’eco vivente della Chiesa. Dalla cattedrale ci aiuteranno a pensare i temi che danno senso a quanto stiamo facendo e l musica assicura almeno un assaggio del bello che vogliamo partecipare con tutti, perché accanto alle difficoltà della vita non manchi il conforto della fede e la qualità della musica che ci appartiene.
La nostra assemblea in cammino vuole essere un segno di speranza e ricordare che ci siamo per aiutare e costruire insieme con tutti gli uomini e le donne di buona volontà un mondo più giusto e soprattutto più umano.
In attesa del ritorno di Cristo alla fine del tempo, la Chiesa aretina si veste della sua qualità sponsale. Vuole riproporre la festa che tante volte nell’anno ha visto e partecipato accanto ai nostri giovani che danno vita con il matrimonio a nuove famiglie. Al Signore nella preghiera chiediamo di “tener viva l’integrità della fede, la santità della vita, la carità fraterna e la pietà autentica,” come ci insegna la Liturgia[4].
Quanto stiamo facendo manifesta la nostra Chiesa che è nutrita e sostenuta dalla Grazia del Signore, attraverso il Corpo del Figlio di Dio nella comunione e la Parola che ci salva.
È una presenza davvero speciale questa sera, che vede convenute nella Chiesa madre le rappresentanze delle nostre comunità sparse sul vasto territorio, ma unite dalla guida e dalla protezione del Cristo, che nel sacramento è presente in mezzo a noi.
[1] Lc 22, 19
[2] Cfr. Sant’Agostino, Discorso 346/B
[3] L’ultimo messaggio di B.P. agli Esploratori, raccolto postumo in Scautismo per ragazzi, pp. 354-355
[4] Messa per la Chiesa particolare