Giornata per la vita consacrata.
- La liturgia che stiamo celebrando oggi, e la freschezza e la forza della parola di Dio, in particolare della pagina di Vangelo, ci riportano oggi al clima e al tempo del Natale. E c’è ancora Gesù, il piccolo, il bambino, e viene presentato al tempio, dopo avere compiuto il tempo della purificazione come dice il Vangelo, perché, secondo le regole del tempio, fosse offerto al Padre.
In questo tornare al tempo del Natale, tornare a vedere la presentazione, la manifestazione di Gesù bambino a tutti noi, oggi è domanda forte, vera, che colpisce il cuore e ci chiede: “e tu l’hai accolto?”.
Simeone, dice il Vangelo, prende tra le braccia quel bambino che viene portato al tempio: è una bella immagine che evoca l’accoglienza; è un invito a noi a prendere in braccio questo bambino perché è il Signore, colui di cui dice il Vangelo che “cresceva e si fortificava pieno di Sapienza e la grazia di Dio era su di lui “; ecco, questo bambino, questo Gesù sia da noi accolto, da noi abbracciato.
- Abbracciarlo dice la tenerezza, la verità, la delicatezza, di chi accoglie e dà ospitalità al Signore Gesù. Questa accoglienza, cui nuovamente oggi siamo invitati e di cui vive l’esperienza della vita consacrata, maschile e femminile, è segno e annuncio del Signore Gesù che è nato; è, per noi, ragione di speranza, fonte di speranza; ed è in questa luce, allora, che possiamo vedere, cogliere, leggere la pagina di Vangelo, vivere la festa di oggi nel tempo del Giubileo, ed essere in questo anno santo “pellegrini di speranza”, come il Papa ci invita.
È una pagina, quella che abbiamo ascoltato, con questi protagonisti, Simeone ed Anna che accolgono Gesù, che ci aiuta a tratteggiare i passi della speranza, che vorrei allora brevemente riprendere con voi per scoprire che, attraverso questi passi, possiamo anche noi abbracciare il Bambino Gesù, e su questi passi si può vivere, da religiosi e religiose, come segno di speranza, nel mondo e nella Chiesa di oggi.
- Un primo tratto, annota il Vangelo, per Simeone e, poi, più avanti per Anna, è che stanno al tempio. Simeone, a Gerusalemme, uomo giusto e pio, aspettava la consolazione di Israele; e poi di Anna si dice “non si allontanava mai dal tempio”: è una bella immagine, quella di questi due vecchi, Simeone e Anna, per i quali la loro dimora, il loro stare, è il tempio, cioè il loro stare è essere davanti al Signore, davanti a Dio, nella comunione con Dio, nella ricerca costante dell’incontro con lui, di ascolto, di comunione con il Padre che è nei cieli.
Simeone e Anna, in questa immagine dello “stare al tempio”, ci raccontano che custodiscono il rapporto con Dio: è un rapporto cercato, colto, custodito e portato nel proprio cuore, nella propria vita. Credo che sia questo un primo tratto che la festa di oggi ci indica: al tempio, per vivere anche noi la speranza, per essere uomini e donne di speranza, religiosi e religiose di speranza. Stiamo nel tempio, cioè stiamo al cospetto di Dio; anche a noi è chiesto di non perdere di vista il Signore, di custodire il rapporto con lui, di cercarlo nella preghiera, di abitarlo nella contemplazione, di sentirlo nella vita di ogni giorno; anche per tutti noi, nella vita quotidiana, potremmo dire: “attaccati al Signore”, come Anna, che non si allontanava mai dal tempo. Il rapporto con Dio, cercato e custodito, può alimentare in noi vie di speranza.
- C’è un secondo elemento. Ci sono due anziani: a volte noi parliamo tanto dei giovani, ma oggi i protagonisti sono gli anziani, e ci aiuta a capire questa pagina di Vangelo la ricchezza di chi è ricco di anni, di chi ha tanti anni; e pensate come il Papa tante volte ci presenta la figura dei nonni come presenze nella vita che sono significative, segno dell’amore di Dio e della bellezza della vita.
Dunque, due anziani, Simeone e Anna; e il Vangelo sottolinea che sono anziani, e proprio loro diventano rivelatori della presenza del bambino, di Gesù, del Messia. Anziani: quasi a dirci che quando si vive accompagnati dalla speranza, quando si vive capaci di speranza, la vita ti regala giorni; cioè, la speranza ti fa vivere, ti accompagna nella vita; la speranza è capace di regalarti la vita.
Questo dice la vita anziana di questi personaggi, Simeone ed Anna; e anche per noi è un invito a scoprire che la vita che abbiamo, con i giorni che ci sono dati, pochi o tanti, la vita che abbiamo è vita donata, è vita regalata, è vita accompagnata dalla bontà e dalla generosità di Dio. E la speranza è quel dono che ti aiuta a scoprire e a vedere che ti è regalata la vita, che hai la vita in dono; ed è dono sia quando la vita è troppo breve e finisce troppo presto, e rimane dono, ed è dono, quando è carica e ricca di anni. La figura di questi anziani ci vuol dire che la speranza ti regala vita, ti fa vivere e ti insegna a vedere il dono che c’è nella vita.
- Un terzo aspetto. Questi due vecchi, entrambi, Simeone prima e poi Anna, in quel bambino che accolgono e che viene presentato al tempio, Gesù, vedono il Messia, colui che era atteso dalle genti, colui che era stato promesso dai profeti; il Messia è lì, tra le loro braccia, in mezzo a loro. Essi, uomo e donna matura, vecchi, Simeone ed Anna, sanno vedere la presenza di Dio.
La speranza è questa capacità di vedere, la speranza è la capacità di scorgere il bene che c’è, la gioia che ci accompagna; la speranza ci fa vedere che Dio è con noi, in questi tempi difficili, in questi tempi segnati dalla guerra che non è lontana da noi, segnati da una società che si sta disgregando, segnati da tante problematiche che ben conosciamo e che pongono tanti interrogativi sul futuro.
È, nonostante tutto, un tempo ricco di bene, è un tempo ricco di benedizione, di provvidenza; e la speranza ci insegna a vedere che Dio è con noi, che opera il bene, che non ci abbandona; la speranza, come con questi due vecchi, ci fa vedere le tracce di Dio nella storia, in questa nostra storia, e ci fa capaci di vedere la sua opera.
- Ma ancora: questi due personaggi, Simeone e Anna, proclamano, annunciano, raccontano che hanno visto il bambino, il Messia. È Simeone che dice “ora puoi lasciare, Signore, che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi hanno visto…”; lo racconta e, poi, lo dice a Maria; e poi Anna lo ripete e lo proclama di nuovo.
La speranza ci fa capaci di parlare, ci fa capaci di raccontare le cose di Dio, quello che Dio opera, ci fa portatori di storie di bene; la speranza ci fa testimoni, capaci di portare il Vangelo.
Simeone ed Anna annunciano che c’è il Signore e la vita nuova; e anche a noi viene detto che, se siamo carichi di speranza, la nostra vita, la nostra parola può raccontare la vita, può indicare la vita, può portarla agli altri, può davvero essere testimonianza dell’opera buona di Dio in mezzo a noi.
Infine, nella speranza, Simeone può dire: “ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace”. E Anna, ricca di anni, vedova, incontra il bambino; “ora possiamo andare”, dice Simeone, “abbiamo visto colui che tutte le genti attendevano, e allora possiamo consegnarci”.
Questo è l’atteggiamento di chi sa di essere in buone mani e, di nuovo, riconsegna la propria vita alle buone mani e all’abbraccio del Padre. Se siamo ricchi di speranza come Simeone ed Anna, “affidiamo la nostra vita a te Signore, ovunque ci porterai, qualunque cosa accada, sappiamo di essere tra le tue braccia, sappiamo di essere nel tuo cuore”.
È la consapevolezza di sapere che Dio ci promette la salvezza e che noi siamo nell’abbraccio della provvidenza di Dio; allora, così ricchi di speranza come Simeone ed Anna, possiamo anche noi dire “ora lascia Signore che il tuo servo vada in pace”.
Ci affidiamo a lui, ci lasciamo condurre dall’amore di Dio, ci fidiamo dell’amore di Dio che ci accoglie oggi e, come diciamo nella preghiera, “nell’ora della nostra morte”: abbandonati, affidati all’abbraccio di Dio.
- La speranza nasce dal custodire il rapporto con Dio, ci regala la vita, ci fa vedere le opere di Dio, ci fa testimoni, ci accompagna ad abbandonarci a lui di nuovo; e credo che se questo è di tutti noi, di chi vive la vita di famiglia, la vita di ogni giorno, ancor di più lo è per la vita consacrata, accompagnata e oggi segno, nella Chiesa e nel mondo di speranza.
Voi che vivete la vita consacrata ci dite che dobbiamo custodire il rapporto con Dio; voi ci raccontate che dobbiamo imparare ad attendere la vita che ci è data in dono; voi ci potete aiutare ad accompagnare, a vedere e annunciare le tracce dell’opera di Dio in mezzo a noi; voi, con la vita consacrata, religiosi e religiose, ci dite e ci indicate la meta ultima che è l’incontro nella comunione del Padre e nell’amore della sua casa.
Per questo vi benediciamo e vi accompagniamo anche noi con note di speranza, perché nella speranza possiamo camminare, vivere la gioia del Vangelo e annunciare anche noi come Simeone: “oggi abbiamo visto”.
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