- La singolare vicenda di Pietro e di Paolo
L’antico inno medievale che celebra i nostri santi, entrambi patroni di Roma e fondamento della Chiesa cattolica, dà motivo di riflessione perché svela alcune note caratteristiche della Chiesa. A Pietro e Paolo fu dato di testimoniare con la predicazione e confermare con il martirio che la comunità voluta da Gesù Cristo si fonda sull’unità e si articola nelle diversità.
Il tema è davvero attuale nella nostra Chiesa particolare, che raccoglie con la tua Ordinazione presbiterale, figlio carissimo, le sfide che vengono dalla sua identità. Sei cresciuto come espressione della dimensione parrocchiale e delle differenze che esistono nel nostro territorio e nella nostra storia.
Da oggi, entrando nel presbiterio diocesano, sei chiamato a favorire l’unità di tutta questa porzione del popolo di Dio. È un dono del Signore riuscire a mantenere le identità particolari, che sono frutto della tradizione di ciascuna comunità, e il riconoscersi nell’unica Chiesa di San Donato, che appartiene a tutti, nelle sue dimensioni. Una Chiesa che nasce dai martiri è sorretta dalla preghiera del monachesimo, è continuamente animata e rinnovata dai grandi carismi del nostro medioevo che ci videro protagonisti, è chiamata oggi alla duplice sfida di servire i poveri e di passare il Vangelo alle generazioni nuove. Penso soprattutto ai bambini.
- Il dono del sacerdozio
Tutti i battezzati sono fatti partecipi del sacerdozio comune di Cristo. Alcuni di noi siamo stati chiamati a vivere nella nostra identità personale il sacerdozio di Cristo come ministero, cioè come servizio rivolto alla Chiesa intera e al mondo. Non ci spaventi l’enormità di questa missione. Per essa, come successore degli Apostoli sono impegnato a invocare su di te la Grazia dello Spirito Santo: oggi imponendoti le mani e ogni giorno assicurandoti, nella mia povera preghiera, il ricordo al Signore.
Anche nel ministero sacerdotale, l’“essere” viene prima del “fare”, pur se nel sentire comune si dà molta importanza ai compiti che assumerai nella Chiesa e alla tua capacità di gestirli.
Prete si diventa innanzitutto pregando, cioè in quella relazione diretta e personale con il Signore Gesù; il sacerdozio non è mai riferito soltanto alla persona, che ne è resa partecipe, ma alla Chiesa intera e a quanti incontrerai nella tua vita, perché possano conoscere che Dio è vicino a ciascuno e che per tutti c’è misericordia e salvezza.
- Servo di Dio e ministro della Chiesa
Da stasera ti è chiesto di essere punto di riferimento per tutto il popolo di Dio. La Grazia è di essere fatto partecipe di questo presbiterio diocesano, che, malgrado la calura eccezionale di questa torrida estate, è accorso nella Chiesa Madre per accoglierti.
Tu sei già destinato al servizio di alcune comunità, determinate dal mandato del Vescovo. Elemento significativo è che tu sei presbitero. La scelta del luogo o delle forme attraverso le quali eserciterai il ministero non dipendono da te, ma dalla Chiesa. L’Ordinazione sacerdotale porta con te l’orientamento alla pastorale, cioè la consapevolezza di essere sempre e comunque immagine del buon pastore che è Gesù, di cui tutti noi siamo una pur sbiadita rappresentazione, in mezzo al popolo di Dio.
Ancor prima del fare il parroco o altri servizi necessari alla chiesa, stasera tu sei costituito pastore e anche la tua vita privata si assottiglia ulteriormente, di fronte ai bisogni delle varie comunità.
- La Parola e i Sacramenti
Pur essendo noi stessi un segno efficace della Grazia in mezzo alla gente – questo appartiene all’identità del Sacramento dell’Ordine – la Chiesa ci offre due strumenti principali, per qualificare il nostro rapporto con il popolo: la preghiera e i Sacramenti.
Da stasera in poi deve crescere in ciascuno di noi – in te che inizi, in noi che esercitiamo l’Ordine Sacro da decenni – lo stile di pregare per gli altri. Quello che non sappiamo fare noi stessi, si ottiene con la preghiera, a patto che l’orazione stessa sia sostenuta dalla Parola di Dio. Leggere la Parola, meditarla, pregarla e cambiar la vita sono uno strumento imprescindibile da praticare ogni giorno, se vogliamo essere fedeli al mandato che stasera ti è partecipato.
La presenza del pastore scandisce i momenti essenziali della vita di ogni cristiano, ma anche di ogni comunità. Battezzare, assicurare l’Eucarestia, riconciliare e avviare alle scelte di vita sono momenti delicatissimi, suffragati dalla Grazia sacramentale.
La riflessione del presbiterio e del consiglio episcopale fanno ritenere utile che tu cominci il tuo servizio al Borgo, accanto al sacerdote che ti ha accolto e instradato con impegno e affetto, nell’ultimo anno della tua formazione. Rivisitando le disposizioni pontificie, abbiamo affiancato al Seminario l’antico uso che tocchi comunque ai pastori esperti di integrare e sostenere i giovani, che si avviano al ministero sacerdotale.
Non smettere mai di meditare e considerare la natura soprannaturale di quanto stasera ti è affidato: non è un tuo “fare”, ma un collaborare con il Signore perché egli possa più facilmente, nella vita ordinaria della Chiesa, intervenire, rafforzare, rendere sempre più adatti tutti noi al servizio che il popolo di Dio ci chiede.
La bellezza di questa liturgia entri nel patrimonio della tua memoria e ti sostenga nei momenti più complessi, perché tu possa sempre farti vicino alla gente. “Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un’idea troppo alta di voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini”[1].
[1] Rom 12, 15-17