Fratelli e sorelle nel Signore,
il Signore ci dia pace
in questo giorno segnato dal dolore del distacco e dall’addio che diamo a un amico.
In questa celebrazione, che è la Pasqua personale di Don Luigi, mi piace lasciarci confortare dal banchetto escatologico preannunziato da Isaia Profeta: “Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti”[1].
Occorre far nostra la sensibilità di Pasqua, perché il Signore ha liberato il nostro amico dal dolore, dalla sofferenza terribile degli ultimi mesi in cui era accanto a noi.
- Credo nella Resurrezione della carne e la vita eterna
La fede che vince la morte è l’ultima omelia che il nostro Don Luigi rivolge alla Chiesa aretina dall’austero segno del feretro, nel cuore di questa collegiata, dove ha servito Dio e il suo popolo per oltre venti anni.
La Chiesa aretina saluta uno dei suoi figli tra i migliori, per la testimonianza che Don Menci ci ha dato, sempre vicino alla gente, prete del popolo, dalla Noceta di Castiglioni prima, poi a Talla e da ultimo qua a Foiano.
Vogliamo raccogliere la proposta cristiana di una vita spesa nel sacerdozio, da ministro di Cristo, perché esprime un modo d’essere che è tra le ricchezze del nostro presbiterio. A noi sacerdoti è necessario curare la vita interiore, ricorrendo alla sapienza della Chiesa senza semplificazioni devozionistiche, ma con impegno a tener viva la dimensione culturale che esprime la dimensione dell’essere e non solo quella del fare.
La prossimità, l’amicizia, le relazioni per Don Luigi furono scelte maturate nel tempo, fin dalla formazione, mai interrotta negli anni, alternando il ministero con lo studio, appassionato com’era delle scienze umane. Sempre disposto ad aiutare gli altri, attento alla cultura per essere efficace nel servizio, per la cura dei giovani, soprattutto degli universitari.
Insieme a pochi coetanei intese la preparazione intellettuale utile per dialogare con gli altri e per diventare ricco nella vita interiore.
Cercò di rileggere le tradizioni alla luce del nuovo, in obbedienza al Magistero. La Chiesa che servì con amore, con viva commozione, affida al Dio misericordioso, che dà senso alla scelta vocazionale di ogni sacerdote. Vescovi, presbiteri, diaconi e un mare di amici, anche al di là dell’oceano, sono uniti a noi nella preghiera.
Don Luigi ha chiesto di essere deposto nella terra, accanto ai suoi, presso quella comunità cristiana di Castiglion Fiorentino che gli aveva testimoniato la fede e che fu ricompensata dal sacerdote novello, all’esordio del ministero, in umiltà e fede profonda, radicata nella sequela di Gesù ad ogni costo, privilegiando la formazione dei cristiani rispetto al devozionismo facile, ma non in grado di sostenere la fede, di generare ubbidienza a Dio, orientando ciascuno a realizzare la propria vocazione.
La sofferenza di questi ultimi anni è stato il luogo efficace per confortare molti, per illuminare i dubbiosi, per aiutare gli increduli.
- Credo nella vita eterna: lo stile di un uomo, la qualità di un prete
“Se Cristo non fosse risorto, la nostra predicazione sarebbe senza fondamento e vana la vostra fede”[2].
La qualità della vita, la ricerca della virtù, la configurazione al Cristo, sono verità della fede, che di fronte alla morte, ogni cristiano è chiamato a vivere. Il nostro Don Luigi ci ha mostrato nei fatti che essere cristiani significa anche non essere in cerca di riconoscimenti, di promozioni, di titoli.
Gesù e la Chiesa sono l’oggetto della nostra vita. Da questa celebrazione vogliamo riportare nel nostro quotidiano che la qualità degli amici di Gesù si manifesta nell’amore per la Chiesa.
Amo ricordare un piccolo gesto al mio approccio con la comunità di Foiano. Dopo la mia omelia di allora, corrispondente alla liturgia del giorno, da questo stesso ambone volle dire al popolo che con il vescovo nuovo aveva in comune la stessa visione di chiesa e certamente era ben lieto di collaborare. E così fu per tutti questi anni. Anche con i miei predecessori evitò sempre le incomprensioni, cercando di capire e di mediare dove necessario, convinto che il tempo avrebbe mostrato la qualità delle scelte.
Aderì al movimento di Comunione e Liberazione per incrementare la sua visione teologale e – come più volte mi disse – per nutrire la sua vita interiore, nella amicizia con i confratelli e nella pratica di iniziative, che il Movimento suggeriva in anni difficili. Divenne un punto fermo, di riferimento per molti, privilegiando i contenuti, per nulla interessato ad emergere. Qualcuno commenta che con Don Luigi sarebbe stato difficile passare più di mezz’ora senza parlare di Dio e della sua Chiesa.
In quegli anni CL nella nostra Diocesi offriva una via d’uscita dal provincialismo e dava alle prospettive della Chiesa una visione larga e universale. Tocca anche a noi curare la vista spirituale dei confratelli nel sacerdozio, lo spirito di preghiera e la riflessione. La formazione fu, per il Menci, la sua via per esercitare il sacerdozio. Anche fortemente malato, non si esimeva da leggere, d’essere informato sugli sviluppi del pensiero teologico. Intessé amicizie sacerdotali con molte realtà fiorentine, ritenendole arricchenti, anche al di là della nostra arretinitas.
Fu innanzitutto un pastore capace di accostare la gente con apertura della mente e del cuore: nessuno era per lui indifferente e men che mai ostile. Voleva bene alle persone, nel senso vero del termine. Andava al nocciolo delle questioni. Prete responsabile: ha avuto molti incarichi, non ha cercato nulla, se non il regno di Dio.
- Una grande eredità per la nostra Chiesa e per il presbiterio
Non dimenticheremo la sua fiducia in Dio, anche nella malattia e nel dolore: facendo buona testimonianza, vivendo come nella normalità anche quando era devastato dal cancro. In molti abbiamo invidiato la sua pacatezza e il suo gusto a praticare le virtù sacerdotali, di grande equilibrio tra il nuovo che va praticato e il vecchio che ci aiuta a capire le complessità della vita, ma che non va rimpianto. L’eredità spirituale che Don Luigi ci lascia è davvero preziosa. Quanti lo amarono come parroco zelante, ricordino il suo amore alla Chiesa e l’obbedienza che praticò e che insegnò a vivere verso ogni sacerdote, la diocesi, il Papa.
Chi lo ha conosciuto come formatore ed esempio lo ricorda per la povertà che scelse per sé e per la carità che praticava, spesso in modo nascosto. Questo sacerdote che salutiamo ci ha insegnato a lasciare tutto in ordine e – nei fatti – mostra che un prete non deve arricchirsi: quello che avanza vada comunque alla Chiesa, perché possa praticare la carità.
Voglio infine rammentare lo stile di rapporto con la famiglia: la generosità di Marinella e di Antonio e dei loro figli lo ha accolto nel momento del bisogno. A loro la Chiesa diocesana vuole esprimere gratitudine e augurare a tutti i nostri preti di avere parenti capaci di valutare più il buon esempio e la vita spirituale che ogni altro bene.
Chi vuole onorare la memoria del parroco defunto pratichi le virtù che egli ha insegnato a tutti con l’esempio. Tra tutte, amo ricordare l’amore per la Chiesa e l’obbedienza ai suoi ministri. Nessuno potrà rammentare Don Luigi coinvolto nel dir male del prossimo o nel dividere il popolo di Dio, perché non lo fece mai. Visse in umiltà e con il suo esempio ci aiutò a riconciliarci con tutti, a evitare contese e divisioni. Ciascuno faccia la sua parte e rispetti gli altri, evitando inutili giudizi, che dividono la Santa Chiesa.
Ciao Don Luigi caro, amico provvido e capace di aiutarci nel cammino verso Dio. Sì, anche noi crediamo come te nella resurrezione della carne e nella vita eterna, dove di certo ti incontreremo ancora.
[1] Is 25, 6-7
[2] 1Cor 15,14
LITURGIA DEL GIORNO