Al termine di questa giornata di lavoro, desidero ringraziare il Signore per quanto abbiamo potuto vedere con i nostri occhi. La Chiesa diocesana ha risposto all’appello del Vescovo e si è adunata, attorno ad un tema di grande significato. Nel corso del giorno si sono alternati momenti di profezia e di servizio alla città dell’uomo nel quadro di una compatta testimonianza, che spero riverberi sul nostro territorio e sulla società civile.
Desidero dire la mia gratitudine a tutti gli intervenuti e, massimamente, a quanti da settimane hanno generosamente partecipato alla realizzazione di questo evento, con il prezioso contributo delle loro idee, con la fatica e il lavoro, con l’ingegno e la creatività.
1. Alcune positive valenze dell’esperienza di oggi
Il Convegno è stato un grande momento di Chiesa, giacchè ha visto raccolte nella chiesa madre, in vicendevole ascolto e con palese impegno di comunione le parrocchie della diocesi, largamente rappresentate, i movimenti e le aggregazioni ecclesiali che esistono sul territorio.
La nostra assemblea è un kairòs, perché dono dello Spirito per un vicendevole ascolto. E’ anche un’occasione che facilita la ripresa del cammino delle nostre comunità e ci pone alla ricerca della santa volontà di Dio su di noi.
Questa giornata ha anche inaugurato uno stile di lavoro sinodale, dove prima di assumere decisioni è giusto ascoltarci vicendevolmente, nella convinzione che Dio parla al suo popolo attraverso le vicende della storia.
Il valore di questa esperienza appare evidente se si considera che ritrovarci insieme in cattedrale è un segno della speranza della Chiesa di fronte alle difficoltà in cui versa tutta la società civile, nel momento presente.
2. Obiettivi e proposte per un futuro lavoro
Tra i significati del nostro convenire vi è la scelta di mettersi in ascolto della gente, di non separarsi dalla città, di non estraniarsi dal dibattito in atto nel nostro tempo, ma anche la volontà di arricchire l’ideale agorà mediatica, dove molte idee vengono a confronto, con la nostra identità di cristiani, affascinati dal bene comune.
Abbiamo scelto insieme di stare accanto alla gente, soprattutto a quelle famiglie che sono in difficoltà, per le molteplici prove che il nostro tempo riserva loro; molti si attendono concretezza da parte del corpo ecclesiale.
Il Papa ci ha aiutato a riflettere che la carità è il linguaggio comprensibile a tutti e tale che svela la verità dell’uomo. E’ lo strumento attraverso il quale la “buona notizia” può diventare “bella notizia”, cioè recuperare il fascino del Vangelo e la sua credibilità.
La crisi attuale è un’occasione da non perdere per avviare un adeguato discernimento e una nuova progettualità.
3. Alcune priorità già identificate
Questo convegno ecclesiale ci ha permesso di identificare alcune priorità della nostra Chiesa diocesana, dopo una riflessione comunitaria sulla lettera del Papa.
La scelta cristiana non è in ordine al fare ma all’essere. Occorre non lasciarsi ammaliare dalla tentazione dell’apparenza, oggi assai diffusa. I filosofi antichi dicevano che “verum est ens”. Dopo Vico si disse che “verum est factum”. Poi sull’onda del pragmatismo si disse che “verum est faciendum”. Alcuni vorrebbero ridurci a fantasmi, ectoplasmi dentro la storia, ritenendo che “verum est videri”. Qualunque vocazione cristiana – il matrimonio, la vita consacrata, la scelta di mettersi al servizio del bene comune, il sacerdozio – ha una dimensione ministeriale maturata nel tempo; è imitazione di Cristo, al di là delle forme del vivere e delle diversità dei ruoli.
La Chiesa aretina, proprio perché consapevole della propria identità, intende riavviare il dialogo con tutte le componenti della società, come presupposto irrinunziabile per l’evangelizzazione.
Dalla patria dei “grandi” del Rinascimento occorre ricordare che non vi è umanesimo vero se non quello aperto all’Assoluto.
Da Arezzo medievale raccogliamo volentieri la sfida della “fraternita”, condividendo i valori della solidarietà e della coesione sociale, che sono le radici cristiane del nostro territorio. Come Vasari aveva ben intuito, i Santi Lorentino e Pergentino appartengono a quella identità collettiva, bella, giovane nello spirito, che è percepita ancora da parti significative di aretini.
Sussidiarietà nel corpo sociale, come in quello ecclesiale, è la vera antinomia al paternalismo e al dirigismo.
4. Il ricorso al soprannaturale per salvare la dimensione umana del lavoro e dell’impegno sociale
La Chiesa pienamente incarnata nella società degli uomini è portatrice di consapevolezze soprannaturali, di cui non può essere privato il consesso umano, se vogliamo che non perda di speranza e, da ultimo, di umanità.
Le risorgenti tentazioni di laicismo e di fondamentalismo appartengono alle eredità ottocentesche, che non aiutano oggi nè lo sviluppo né la coesione sociale.
La discriminazione tra le persone, per razza e provenienza, come insegna il Papa nella sua lettera enciclica, è violenza e manifesta volontà di sopraffazione sugli altri. Non appartiene né all’antropologia cristiana, né alla civiltà giuridica di cui siamo eredi.
5. Le risorse identificate nel dibattito
La dignità del lavoro è una risorsa a cui la Chiesa invita a guardare con fiducia.
L’economia aretina, abituata a “rimboccarsi le maniche” nelle piccole e medie imprese, sta valorizzando le tradizionali doti di ingegno, tenacia, dedizione al lavoro come risposta alle difficoltà del momento presente.
La Chiesa invita tutti responsabili dell’economia del territorio a non vanificare gli sforzi e la laboriosità del nostro popolo, dando rinnovata fiducia a chi si sta impegnando.
La Chiesa aretina desidera ridire “coraggio” a tutti, nella consapevolezza che le ragioni della solidarietà aiuteranno non poco a comprendere che insieme si possono trovare soluzioni ai mali presenti e che lo spirito di divisione non giova certamente alle nostre città e al territorio nel suo insieme.