Molti motivi di gioia e di grazia ci sono in questa celebrazione che nella nostra Cattedrale,questa sera, stiamo vivendo.
Il primo segno di grazia è la presenza, in mezzo a noi, delle reliquie del sangue di san Francesco, versato dalle stimmate, a 800 anni da quell’evento: le abbiamo accolte, vengono dalla comunità della Verna e quindi a loro, al Padre guardiano e a tutta la comunità francescana della Verna, la mia gratitudine per questo segno condiviso, oggi, nella nostra Cattedrale.
La presenza delle stimmate di san Francesco che, dopo l’apertura del centenario, il 5 gennaioscorso, ci fa vivere una prima tappa diocesana di questo grande anniversario, è per noi, oggi, segno dell’amore di Dio, segno che rivela l’amore di Dio per noi che è amore salvifico.
Un secondo motivo di grazia che stiamo vivendo in questa celebrazione è la presenza di tanti religiosi e di tante religiose: la presenza del segno della vita consacrata che oggi vive una propria giornata di festa nella quale, in modo significativo, vengono rinnovati i voti, cioè l’impegno di seguire Gesù nel servizio all’interno della Chiesa.
A tutti i religiosi e le religiose il mio benvenuto, la gioia di trovarci insieme, il mio grazie per quello che siete e vivete all’interno della diocesi. E grazie anche per le parole che dal delegato vescovile mi sono state rivolte all’inizio di questa celebrazione.
A voi, cari religiosi e religiose, l’augurio più bello, l’augurio che viene dal cuore, l’augurio che viene dalla nostra Chiesa.
E viviamo tutto questo, oggi, nella festa della presentazione del Signore Gesù al tempio; come abbiamo ascoltato nel Vangelo, una festa che, dopo il Natale, nuovamente ci presenta il rivelarsi di Gesù. La festa del Natale è la festa in cui Gesù si rivela come messia; e poi abbiamo celebrato l’epifania, e poi la tradizione ci invita a guardare anche al battesimo di Gesù, alle nozze di Cana come a un rinnovarsi del suo rivelarsi, del suo farsi incontrare. E oggi, nella presentazione di Gesù al tempio, negli occhi di questi santi vegliardi, Simeone ed Anna, nuovamente viene annunciato a noi che Dio è in mezzo a noi, è venuto a visitarci, abita tra le nostre case, e ci viene svelato l’amarci di Dio.
In fondo, anche il segno delle reliquie del sangue di san Francesco diventa per noi, oggi,racconto che ci svela come Dio ama; e ci indica come l’amore di Dio, quando lo accogliamo, ci tocca davvero, incontra davvero le nostre vite, la nostra esistenza, ci ferisce, cioè ci cambia e ci accompagna nella scelta di amare: quella scelta di amare che è il senso più profondo della vita consacrata, del donare la propria vita nell’amore al Signore.
Dunque, nella cornice di questa ricchezza di grazia e di doni che viviamo in questa celebrazione, ci illumina anche la parola di Dio che abbiamo ascoltato e che brevemente vorrei riprendere.
La pagina di Malachia, innanzitutto; essa ci consegna una promessa: “così dice il Signore Dio, ecco io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me, e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate”. Ecco la promessa: Malachia fa risuonare la promessa che viene il Signore, viene lui incontro a noi, alla nostra vita; viene a visitarci, viene a camminare con noi, si fa vicino, bussa alla tua vita.
In qualche modo, il Profeta ci dice che l’amore di Dio è una promessa e ci dice che viene per te, cerca te questo amore, incontra te, ama te. E quando si accoglie l’amore di Dio, che Malachia annuncia e ci consegna come promessa, l’incontro con lui “ferisce e purifica”; ma la purificazione di cui parla Malachia – egli dice “siederà per fondere e purificare l’argento, purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento” –, quest’opera di purificazione, che sgorga dall’amore di Dio che accogliamo e che incontriamo, non riguarda una purificazione morale, non significa il diventare più buoni, ma significa vivere di più, accogliere la vita, trovare la pienezza della vita che è dono di Dio.
La purificazione è vivere la vita e viverla nel dono che il Signore ci porta; potremmo dire che nella promessa che il Signore viene con il suo amore e che è un amore che ferisce, come ci ricordano le stimmate di san Francesco, in questo amore che ha annunciato e che ci incontra, ci è regalata la vita, siamo feriti dalla vita, resi rinnovati in quella vita che è dono e che è capacità di amare.
Ecco allora cos’è la purificazione: siamo rimessi nel cammino della vita. Allora possiamo dire che l’incontro con questo amore di Dio, promesso e che ferisce, realizza la nostra vita come capolavoro, come opera bella di Dio, perché amata da lui, benedetta da lui, ferita da lui.
Ci accompagna anche la pagina di Vangelo e, soprattutto, la parola e la testimonianza di questi due santi al tempio, Simeone ed Anna; e per prima vorrei richiamare la parola di Simeone,che davanti a quel bambino, a Maria, a Giuseppe, vedendo e riconoscendo il Messia promesso, dice“ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada, perché i miei occhi hanno visto”.
E’ la preghiera di Simeone che incontrando quel bimbo sa vedere e incontra il Signore;accoglie quella che era la promessa di Malachia: “il Signore che si fa vicino, che viene a visitarci”.
E dice, allora, Simeone: “ora lascia che vada”, come a dire che se vedi il Signore, se riconosci davvero la sua presenza, questo andare racconta che hai capito che la vita che hai è dono, dunque puoi affidarti, puoi vivere quell’andare che è abbandonarsi in Dio, l’abbandonarsi nell’amore di Dio.
E prosegue Simeone: “perché i miei occhi hanno visto”; Simeone riconosce l’opera del Signore, la fedeltà di Dio, del suo amore.
Credo che sia proprio questa la missione nel mondo e nella Chiesa di oggi dei religiosi e delle religiose: testimoniare un vedere.
Potremmo dire agli amici religiosi e religiose che la pagina di Vangelo e la festa di oggi ci dicono, vi dicono: racconta chi hai visto, il Signore; fai tue queste parole di Simeone: “ora lascia,Signore, che io vada”, cioè che possa donare davvero la mia vita, spenderla nel dono accolto e portato agli altri, perché ho visto e posso raccontare che ho visto il Signore, ho visto la sua opera,ho visto il suo amore, ho visto la fedeltà di Dio, ho visto la sua vicinanza.
Racconta che hai visto il Signore: credo che sia proprio questo il senso della vita religiosa,abbandonarsi al Signore e alla vita che dona lui, e testimoniare l’avere visto, avere incontrato quel Signore che è l’amore.
È proprio la testimonianza di san Francesco che abbraccia Cristo, lo abbraccia nel lebbroso, lo abbraccia nei più poveri, lo abbraccia nella Chiesa: sembra quasi che così Francesco possa dire “ora lascia, Signore, che io vada”; per chi ha vissuto quel vedere che addirittura ferisce il suo corpo, le stimmate, e diventa testimone dell’avere visto e contemplato e gustato l’amore del Signore.
E il vedere c’è anche in quello che Simeone aggiunge a Maria: “una spada trafiggerà l’anima”.Siamo davanti di nuovo ad una ferita, il cuore di Maria ferito: una spada trafiggerà l’anima. E’ il saper vedere Gesù nella realtà e nell’esperienza della ferita, di ogni ferita, che oggi può essere la povertà, il bisogno, la fragilità, la solitudine, il disorientamento, la tua vita… e puoi vedere Gesù, lì dove riconosci delle ferite abita Gesù, puoi imparare a vederlo e dire “ora lascia, o Signore, che io vada”.
“Ho visto il Signore” è l’imparare a vedere il Signore e l’amare di Dio nelle ferite del mondo,lì dove c’è la povertà, la violenza, la sofferenza; nelle povertà e nelle ferite della gente, e anche nelle nostre ferite.
Vedere il Signore… ora i miei occhi hanno visto.
Contempliamo, carissimi, le ferite del Signore Gesù, le ferite di cui san Francesco ci parla nelle stimmate, le ferite che sono segno del suo amore; cerchiamo le ferite nel tempo e nella vicenda dei nostri giorni e di tanti di noi, le nostre ferite, e scopriamo che Gesù è lì, è presente,opera, e anche noi possiamo dire: “i miei occhi hanno visto”.
Annota il Vangelo che quelli che ascoltavano, e Maria e Giuseppe, si stupirono delle cose che si dicevano di lui; e, aggiunge il Vangelo, “il bambino cresceva e si fortificava pieno di Sapienza e la grazia di Dio era su di lui”: è il racconto di come cresce il Signore, cioè di come lo ospitiamo, di come entra davvero nella nostra vita; è lo stupore di vedere che è accanto a noi e di come, nel nostro cammino, la sua vicinanza può crescere, sempre più vicino a noi e alle nostre ferite.
Si tratta di lasciar crescere Gesù in noi, nella nostra vita, nel nostro mondo: ci accompagni la testimonianza di San Francesco.