1. Un convegno occasione anzitutto per dire grazie del cammino dell’anno scorso a tutti, a chi ha assunto particolari responsabilità diocesane, ai presbiteri, diaconi, religiosi, laici e in particolare catechisti, insegnanti di religione, animatori liturgici e pastorali, persone impegnate nelle parrocchie e anche tutti gli operatori di curia.
Un convegno che è occasione di una parola di sguardo al cammino fatto e di un convenire come diocesi, tutti, sentimento su cui si deve crescere (anche riguardo alla partecipazione), per camminare insieme.
Occasione anche per vivere un momento di “partecipazione”, come abbiamo ascoltato dai gruppi che ringrazio.
In questo contesto consegna della mia prima lettera pastorale alla diocesi, del calendario diocesano unitario, come strumenti di questo camminare insieme.
Il tema generale del convegno che nasce dalla lettera pastorale e che è indirizzo per il cammino pastorale che parte in questo nuovo anno è l’incontrare. Così il titolo della lettera: “strada facendo, andate e incontrate”. E si parla di annuncio…
- Una icona biblica: Pietro e Cornelio (Atti 10)
E’ una scena che ci parla di un incontro, di un andare oltre dei confini, come fa Pietro, per incontrare chi sta al di là, chi sta fuori… Cornelio, un pagano.
Un primo elemento che raccogliamo.
L’iniziativa di tutto è lo Spirito santo che è il vero regista della missione, dell’andare ad incontrare.
Così il v. 19-20. Qui si mette in evidenza l’iniziativa dello Spirito. Un intervento che si racconta nei confronti di Cornelio (v. 3.) e anche nella visione di Pietro (v. 10 s.).
E infine è ancora lo Spirito a prendere l’iniziativa nella casa di Cornelio (v. 44) con una esperienza di Pentecoste.
Ecco una prima considerazione per noi, per il nostro andare ad incontrare. Si scopre che lo Spirito ci precede, cioè è anzitutto lo Spirito di Dio che apre strade, prepara l’incontro, precede l’annunciatore, incontra Lui la vita, gli altri, indistintamente, anche il non credente, il diverso, chi ci sembra lontano, l’emarginato, il povero, lo straniero.
E noi, e te?
Siamo invitati a vedere, cercare l’opera dello Spirito.
Si parla di te: c’è una iniziativa di bene e di vita dello Spirito di Dio che cerca te, ti incontra, apre il cuore, ti parla, ti guida, illumina, conforta…
Sarebbe bello provare a ricordare e raccontare ciascuno l’iniziativa dello Spirito che ci cerca e che ci incontra. Siamo capaci di questo?
Ed è un modo di guardare l’altro, tutti, vicini, lontani… Verso di loro lo Spirito si muove per incontrare, viene per parlare al cuore. E noi siamo chiamati a cercare nell’altro l’opera dello Spirito.
E’ la missione della Chiesa: siamo chiamati a vedere, accogliere, promuovere e seguire l’opera dello Spirito di Dio per andare ad incontrare.
Lui precede, ci precede. Lo Spirito abbatte muri e attende noi che andiamo ad incontrare. E Lui ha già aperto la strada.
Un secondo elemento.
Pietro, l’annunciatore. E’ anzitutto un uomo in ascolto. La visione esprime la dimensione interiore di chi è aperto all’ascolto, nella preghiera e nella fiducia in Dio. E se si è aperti all’ascolto si impara a vedere l’opera dello Spirito. Abbiamo riflettuto su questo nello scorso anno pastorale, l’ascolto appunto.
E dobbiamo mantenere questa dimensione di vita: ascoltare. Pronti ad ascoltare. Dio, anzitutto, nella preghiera e poi gli altri.
L’ascolto, la capacità di ascoltare sostiene l’andare ad incontrare.
Potremmo anche dire così: l’interiorità di vita sostiene una vera capacità di annuncio, di testimonianza e di incontro.
Ed è una dinamica anche nel vivere l’incontro con l’altro. Prima l’ascolto, piuttosto che le parole che dobbiamo dire noi.
Un terzo elemento: Pietro consegna il Kerigma (v. 37-43).
E l’annuncio, il kerigma prepara e rende possibile la discesa dello Spirito santo.
Nell’incontro c’è una parola da portare, c’è qualcosa da dire da offrire. Ed è una parola di salvezza. Non si dice come devi cambiare tu, cosa devi fare, come vorrei che tu fossi, ma si racconta il bene che Dio ha fatto, che Dio gli ha fatto e si annuncia la risurrezione, il trionfo della vita.
Incontrare allora vorrà dire: desidero che tu viva, cerco il tuo bene, ti racconto come con te Dio è Amore, ti auguro la bellezza della vita quando sa accogliere l’annuncio della Risurrezione.
Noi che annuncio portiamo? Con quali parole e soprattutto con quale stile di vita annunciamo Cristo e la sua opera? Cosa abbiamo da dire a chi incontriamo? E la nostra Chiesa, Arezzo-Cortona-Sansepolcro è una Chiesa che sa annunciare, che ha qualcosa da dire?
Incontrare vuol dire anche avere la consapevolezza che abbiamo una parola di vita da condividere.
Una quarta considerazione: in casa di Cornelio, un pagano
Si mette in luce questa caratteristica. Ed è una vera novità per la prima chiesa di Gerusalemme e per Pietro. L’annuncio cristiano non è solo per gli ebrei, ma per tutta l’umanità. Avviene qui un passaggio straordinario e di grande novità per la Chiesa.
E Pietro saprà vedere l’opera di Dio nella casa di un pagano.
Pietro incontra… tutti.
E’ una immagine che dice cosa è la Chiesa di sempre. La Chiesa non è quella chiusa nel recinto di casa propria, ma va ad incontrare tutti e tutti riconosce fratelli.
Noi siamo tentati di dire: tutti si…, ma quello no. E invece tutti. Incontrare vuol dire superare barriere, abbattere muri, accogliere il diverso, lasciarsi scomodare e andare oltre i propri paradigmi di vita e di consuetudine.
Ricordate la sorpresa degli scribi e farisei nel vedere che Gesù andava nelle case dei peccatori (pubblici quindi) e mangiava con loro? Tutti, cari amici. L’incontro è per tutti, è verso tutti.
Un ultimo elemento: il frutto dell’intervento dello Spirito in questa scena di incontro.
Il battesimo di Cornelio: lo Spirito fa entrare nella Chiesa; non siamo noi a decidere chi deve starci dentro, ma lo Spirito fa entrare nella Chiesa e il battesimo, il sacramento è la celebrazione di questa accoglienza e dice, celebra, cioè fa vivere questo incontro come opera di amore per chi si accoglie. Cioè: come Chiesa diciamo e celebriamo che Dio ti è venuto incontro e ha offerto a te il suo amore e noi come Chiesa riconosciamo e certifichiamo questo.
E poi l’invito a Pietro di fermarsi che è il segno di una nuova convivialità. Il dono dello Spirito e incontrare suscita una nuova esperienza di fraternità.
- Esperienze di una Chiesa che incontra
Mi sono chiesto anzitutto quali esperienze ho vissuto io di una Chiesa che incontra. Ne parlo non perché esemplari, ma come testimonianza personale. Si può vivere una Chiesa che incontra…
- Oratorio di Binasco
- Figure di preti (mio parroco, prete dell’oratorio…)
- Giovani… e visita in carcere (Pavia)
- Le varie edizioni delle GMG e la testimonianza di Giovanni Paolo II verso i giovani
- I grandi viaggi dei papi recenti, Giovanni Paolo II che li ha iniziati come progetto pastorale, fino al grande viaggio di Francesco nel sud-est asiatico e ora in Europa.
- L’incontro con il mondo della cultura: Benedetto XVI
- Il rione sanità a Napoli e suor Lucia e don Antonio Loffredo… e ancora oggi Francesco e i poveri
- Rondine e il tema pace coniugato ai giovani e ai conflitti del mondo di oggi
- Incontri che ho vissuto in diocesi con varie realtà di scuole e studenti
- Ultimo viaggio in Bangladesh… (bambini di strada; i gruppi tribali; il dialogo interreligioso).
Racconta tu “una chiesa che incontra” e che avete sperimentato, visto, vissuto…
Regata te, questo chiedo nella lettera pastorale, di essere noi una Chiesa che incontra, che va…
- E allora “diventiamo Chiesa che incontra”
Ho pensato ad una specie di “decalogo”.
Sono come dei passi da compiere per essere Chiesa che incontra. Non sono esaustivi, non sono forse i più importanti, sono un elenco aperto perché ciascuno come comunità e come credenti possiate mettere i vostri passi.
- L’altro è sempre un dono… riconoscilo
- La diversità è una ricchezza, non è differenza e lontananza e tanto meno ostilità o conflitto, pericolo. La diversità va vista nella logica della “unicità” e allora è sempre via di incontro
- Incontrare scegliendo sempre l’ultimo posto (ce lo dice il vangelo), dunque il servire. Si incontra veramente servendo. Si può guardare l’altro dall’alto in basso solo per tendergli la mano e rialzarlo
- Abbiamo una parola e una testimonianza da portare: la gioia. Perché il vangelo è annuncio di gioia, è buona novella (Evangelii gaudium). E questo lo si porta con la vita prima che con le parole. Questo richiede uno stile che è il sorriso, l’abbraccio, la cordialità, la tenerezza, la speranza, la condivisione, mai il giudizio
- Incontrare anche quelli di casa. Non diamo per scontato la capacità di incontrarci tra di noi. Talvolta non si va d’accordo tra parrocchie o tra varie realtà parrocchiali. Si fa fatica a lavorare insieme… Incontrare per noi di casa diventa sinodalità, cammino condiviso, “gareggiare nello stimarci a vicenda”
- Scoprire e vivere le ricchezze di casa, formarci per andare ad incontrare. La diocesi offrirà un percorso di formazione; c’è l’istituto di scienze religiose; ci sono tante proposte già presenti in diocesi e che vanno valorizzate (es. Camaldoli, La Verna, Pomaio… e tanto altro). E anche partecipare: tanti momenti diocesani, proposti come tali, vengono snobbati e magari neanche si comunicano (es. pellegrinaggio alla Verna per gli 800 anni).
- Ripensare la Chiesa nel territorio (percorso già avviato…): non si tratta semplicemente di provvedere dei parroci alle parrocchie, ma di scoprire cosa vuol dire essere comunità, essere Chiesa e quindi realtà che sul territorio ha una presenza capace di vivere l’incontro e di offrire proposte. Es. post-cresima: certo la difficoltà del “rimanere”, ma noi (incontrare) cosa offriamo di buono e bello a questi ragazzi?
- Stare sulla piazza. Non dobbiamo lasciare la chiesa, anzi dobbiamo valorizzare la bellezza della liturgia e curarla e una liturgia ben curata diventa occasione di incontro vero. Ma stare in chiesa per stare poi sulla piazza. Si tratta di andare dove la gente vive: luoghi di incontro dei giovani, posti di lavoro, case per anziani, centri aggregativi (es. i quartieri in città)…E stare sulla piazza anche di oggi che sono i social… verso un mondo segnato anche dalla intelligenza artificiale e noi non possiamo perdere questo treno (cf i tanti interventi del papa)
- Promuovere le vocazioni. E’ un modo per dire l’esserci. E in particolare le vocazioni di consacrazione e alla vita di prete diocesano. Lo dico ai giovani: la nostra Chiesa ha bisogno di voi, non è fuori moda diventare preti e abbiamo bisogno che ci si formi come preti per l’incontro. Per questo sentiamoci vicini al seminario e con la preghiera per le vocazioni
- La carità come stile che dà autenticità all’incontro. Il grazie alla caritas diocesana
- Ops. un undicesimo punto decalogo: riconoscere la fine dell’epoca della cristianità. Andiamo, consapevoli di essere minoranza.
- E un dodicesimo: portare pace, riconciliazione, perdono.
C’è uno stile che sta come cornice a questo decalogo, la prendo da alcune frasi di un libro, la sfida di Gerusalemme, che ho letto recentemente (di Eric Emmanuel Schmitt).
“Non sempre il cristianesimo è stato all’altezza di ciò che predica; ha escluso, conquistato e massacrato; spetta quindi al cristianesimo riconoscere i propri sbagli e trarre profitto dalle lezioni degli errori. Il centro del messaggio cristiano è l’amore, la preoccupazione per l’altro, l’accoglienza dell’altro. Dietro ciò che il cristianesimo professa vedo Charles de Foucauld e la sua concezione di missione: testimoniare, non convertire. Seminare. Praticare l’inculturazione. Non si tratta di far diventare tutti cristiani, ma di comportarsi da cristiano. Poiché incarna delle virtù un cristiano svolge un apostolato continuo.
E’ molto cristiano andare incontro a ciò che non è cristiano”.
- Buon cammino.
Il vangelo racconta che gli apostoli tornando dalla missione raccontarono a Gesù quel che avevano fatto e visto e come avevo osservato la forza del vangelo, le opere.
E Gesù, invitandoli a stare con lui e a riposare con lui dice: rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.
Ci auguriamo di sperimentare il raccontarci la bellezza di essere Chiesa che incontra… Ci auguriamo la gioia. E soprattutto di vedere che la gioia più grande è lo sguardo di Gesù verso di noi e di come Lui ci viene ad incontrare.
- Comunicazione su cammino sinodale
- Comunicazione su prossimi appuntamenti (convegno catechistico; convegno sull’ambiente)