Donato va a trovare Pietro

1. Raccontare la Chiesa
Una antichissima consuetudine, a partire dal Concilio di Roma del
743 al tempo di Papa Zaccaria, vuole che ogni vescovo si incontri, a intervalli
stabiliti, con il Papa e lo informi del progresso spirituale e delle difficoltà che
si incontrano in ogni Chiesa diocesana.
L’8 aprile prossimo il Santo Padre mi attende per questo incontro,
che si chiama “Visita ad limina Apostolorum”. E’ un bel modo per tenere
unita la Chiesa sparsa nel mondo.
Cosa devo dire al Papa? Mi pare corretto domandare consiglio ai
nostri cristiani, perché io possa essere il più oggettivo possibile e perché
tutti siano coinvolti in questo gesto di comunione ecclesiale.
Nel periodico incontro tra le Chiese diocesane e la Chiesa di Roma
vi è una speciale dimensione spirituale, che è fatta di preghiera e di rinnovati
legami con gli Apostoli. Anche la tradizione aretina fa risalire al successore di
Pietro -forse al Papa dalmata San Caio- il dono dell’episcopato nella nostra
comunità ecclesiale: sarebbe stato lui a fare vescovo il nostro San Donato.
Vi sarei grato se, mercoledì 10 aprile, nell’occasione della visita,
rappresentanti delle nostre comunità venissero con me sulle tombe di San
Pietro e di San Paolo a pregare e a incontrare Papa Benedetto, che serba un
prezioso ricordo della nostra diocesi da lui visitata il 13 maggio scorso.
2. Un aiuto reciproco e un confronto
Un documento della Congregazione dei Vescovi, che è l’Ufficio del
Papa per il servizio alle diocesi, fissa alcuni argomenti su cui fondare la nostra conversazione: la vitalità cristiana nelle parrocchie,
l’educazione alla fede dei ragazzi e dei giovani, la
testimonianza delle famiglie, l’impegno dei laici per la
giustizia, le condizioni di vita dei sacerdoti, l’apporto
dei Religiosi e delle Religiose alla Chiesa diocesana, la
disponibilità ad aiutare i poveri, i malati, gli immigrati,
il progetto per promuovere la cultura del territorio, e
quanto sembri più urgente per noi da rappresentare al
Papa.
Giovanni Paolo II il 26 aprile del 1986 chiamava
queste visite dei Vescovi al Papa “un’occasione
privilegiata di comunione pastorale”.

3. Una riflessione ecclesiale per le nostre comunità
La Visita ad Limina Apostolorum è l’occasione per interrogarci
sulla nostra attuale identità.
E’ il momento di chiederci quale sia la partecipazione alla vita
ecclesiale: abbiamo solo una gloriosa tradizione da ricordare, oppure ci
riconosciamo parte viva della Chiesa? Oggi lo si esprime dando il proprio
contributo al suo progetto e condividendo le problematiche complesse
di questi tempi difficili, ma anche stimolanti per ogni credente.
Riusciamo a passare la fede ai figli? Come è possibile interessare i
più giovani perché siano parte attiva della comunità ecclesiale? Il Concilio,
cinquant’anni fa, ci ha chiesto di essere i profeti del nostro tempo, pronti,
se necessario, ad andare contro corrente, amici di Dio, allenati a compiere
scelte di vita qualificanti.
Al di là della retorica, dobbiamo trovare le forme opportune, che
esprimano la coerenza tra il Vangelo che professiamo e quanto si attua nel
quotidiano.
Di fronte alla diffusione di modi pensare pagani, le famiglie cristiane
riescono a nutrirsi della Parola di Dio? Gli anziani del nostro tempo hanno
ancora il desiderio di essere sapienti custodi del vero, saggi e discreti
consiglieri di figli e nipoti?
Quanto è presente la preghiera nelle singole persone e nelle famiglie
del nostro territorio? Nel progetto di vita dei cristiani aretini, cortonesi
e biturgensi c’è la disponibilità di rimettersi in gioco per recuperare, nella
rete dei legami virtuosi, amici e conoscenti al rapporto con il Signore?

4. Prospettive per la nostra Chiesa diocesana
Quando il Papa è venuto ad Arezzo e Sansepolcro, non ci siamo
solo riuniti in 30 mila sul Prato dietro il Duomo per una bellissima Messa.
C’è stato un lavoro a monte, prezioso; e un suo sviluppo, che è ancora
nelle nostre mani.
In preparazione alla visita del Papa si è fatto tutto il possibile
perché “Pietro venendo a visitare Donato” lo trovasse e lo riconoscesse.
Due frutti sono costitutivi di questa storia, come un tesoro che portiamo
con noi: partecipazione e aggregazione.
In ogni parrocchia si è avviato un processo virtuoso che ha
coinvolto tutti nell’attesa del Santo Padre: preghiere, dibattiti, catechesi,
un fortissimo impegno di carità.
Si è messa insieme la più cospicua raccolta per i nostri poveri che
si ricordasse in diocesi; e ancora si stanno distribuendo quei fondi. E’ stata
la prova di cosa si può fare, se ci impegniamo, con convinzione e carità, per
alleviare le sofferenze degli altri.

Tutti hanno fatto la loro parte, anche i fedeli delle parrocchie
più piccole, magari con gesti semplici; come quella piccola frazione di
montagna che ha fatto in modo che fosse presente all’incontro l’unico
disabile che vive tra loro.
Nell’imminenza dell’arrivo del Santo Padre, c’è stata un gioiosa
mobilitazione di centinaia di persone di ogni età, provenienti dalle varie
parrocchie, a lavorare fino a notte fonda al centro della Diocesi, perché
potesse esser fatto in tempo quanto
ritenuto necessario.
Tenendo sempre davanti
agli occhi le difficoltà economiche
della crisi, si è riusciti a risparmiare
su tutto, realizzando una tra le
più parsimoniose visite di questo
pontificato, senza perdere il decoro
e la presenza mediatica di Arezzo nel mondo. Si è speso meno della metà di quanto, l’anno precedente, si era impiegato per ristrutturare la Caritas a via di Fonte Veneziana.
Il 13 maggio vi furono ben 4 ore di diretta televisiva nazionale e oltre mezz’ora di mondovisione; 459 giornali nel mondo hanno scritto di noi e un numero incalcolabile di aretini, dall’estero dove vivono, hanno potuto partecipare all’incontro tra le nostre città e il Papa. Credo che San Donato, a cui i nostri sono tuttora fortemente legati, possa favorire una nuova rete di collaborazione con Chiese lontane nello spazio, ma vicine a noi e alla nostra cultura. Il Papa ci ha fatto riscoprire nuove interazioni possibili.
Il frutto spirituale più vistoso che si è tratto dalla visita papale è stata la forte aggregazione all’interno della nostra Chiesa. I sacerdoti mi si sono stretti intorno, collaborando tutti, perché ogni fedele potesse essere sensibilizzato. Le comunità si sono unite e responsabilizzate in modo mirabile. E’ un risultato di inestimabile valore da potenziare per il futuro, superando i campanilismi.
Il Papa entrando in cattedrale, desideroso di vedere le opere del presbiterio rinnovato, ci ha aiutato con un significativo contributo di pensiero, come più gli è congeniale. Ha apprezzato con entusiasmo la teologia che è palese nelle opere del Maestro Giuliano Vangi, realizzate con continuo riferimento alla Scrittura
e ai Padri della Chiesa. Lo studio delle nostre radici è una consegna
che Pietro ci ha affidato. Il Primato della Parola è la fonte della pietà del
popolo di Dio, come il Concilio ci ha ripetuto. L’ambone del Duomo, nella
tradizione pierfrancescana, è il sepolcro vuoto di Cristo: con la Parola che
lo sovrasta esorcizza il vuoto del nostro tempo, con un gesto di memoria
e una prospettiva futura. L’Angelo della Resurrezione, nella posizione
rituale ebraica dello Shalom, può annunziare il Vangelo della resurrezione,
in virtù della gloriosa passione, che è rammentata nello “stiacciato”
retrostante, secondo l’insegnamento del Nuovo Testamento. Il futuro che
ci aspetta è collegare il Paradiso perduto nell’Eden con il paradiso reso
ancora raggiungibile, attraverso la liturgia della Chiesa, simboleggiata nel
cero pasquale. Benedetto XVI commentava che questa verità è insegnata per la prima volta da Sant’Ambrogio.
La pietra ribaltata del sepolcro, divenuta mensa dell’Eucaristia,
mi aggiungeva il Papa, è intuizione preziosa di San Gregorio Illuminatore,
Padre della Chiesa Armena. Il nostro nuovo altare ha esattamente le
misure del più antico altare sulla confessione di Pietro nella Basilica
Vaticana; e permette di celebrare ancora i Sacri Misteri con una liturgia
che sia davvero espressione del tesoro dei secoli, con la sua armonia e
il rigore sobrio del Rito Romano, ma allo stesso tempo sia un’azione di
culto leggibile, comprensibile, partecipata.
La mensa poggia su un’immagine di Gesù, vero angelo della pace,
raffigurato nella posizione della “volata”, con cui ancora si annunzia in Valdichiana la Resurrezione del Signore. L’altare è infatti segno della presenza di Cristo nell’assemblea. A lui vada la nostra preghiera fiduciosa, ogni volta che ci avviciniamo alla mensa, che è allo stesso tempo l’ara sacrificale del Calvario perenne.
La chiesa cattedrale, centro ideale della vita liturgica di tutta la diocesi, va riscoperta e visitata, spiegandone ai fedeli i segni che ogni secolo, con il proprio linguaggio, vi ha lasciato.
Tra la Pentecoste di Marcillat nel rosone della facciata e la Gerusalemme del Cielo, rappresentata nell’Arca di San Donato, ci siamo noi, il popolo aretino in cammino sulle orme dei padri. Così ci ha ricordato il Papa. Di questo percorso interiore, con la Grazia di Dio, vogliamo essere veri artefici.

5. Proposte per il futuro prossimo
Il primo a farci guardare al futuro, nella Visita
Pontificia, è stato proprio lui, Benedetto XVI.
Ad Arezzo, durante la Messa, ci ha chiesto
di far rivivere la fede e di dare il primato a Dio nella
vita quotidiana, come ai tempi in cui questa Città fu
significativa “Patria dei Grandi”, nella vita civile e nell’arte,
nella cultura e nelle scienze, nella meraviglia di Camaldoli
e di La Verna.
A Sansepolcro ha detto ai nostri ragazzi “ora è
tempo di osare”, chiamando a raccolta le forze giovani
del nostro popolo, perché si riformi la società; da qua
riparta una sorta di nuovo Rinascimento, per rimettere
al centro la persona, capolavoro di Dio Creatore,
valorizzando l’impegno umano, nella concordia e nella
pace.
Gli organi di partecipazione delle nostre
parrocchie e della diocesi offrono a tutti spazio per la
nostra comune esperienza di Chiesa. Consigli pastorali,
iniziative di dialogo, assemblee
ecclesiali come si stanno facendo
ogni anno, danno la possibilità di
progettare insieme le risposte
più efficaci per contrastare il secolarismo e la superficialità del nostro tempo.
E’ verità cattolica che lo Spirito Santo è partecipato a tutti i fedeli di
Cristo: sia ai laici, chiamati ad animare il mondo con il Vangelo, che a quanti
sono chiamati alla vita di speciale consacrazione, come pure nel ministero
ordinato. Non si può fare a meno del contributo di tutto il nostro popolo,
che solo sa armonizzare le differenze che esistono in questo vastissimo
territorio, con la necessaria sintonia che ci fa appartenere all’identità della
nostra tradizione.
Il Piano Pastorale, ogni anno, è il progetto condiviso per
promuovere insieme il necessario rinnovamento, salvando sempre
l’essenziale e lasciando cadere le “foglie morte” che appartengono ormai
solo al passato. Hai mai avuto notizia di questo grande lavoro che molti
dei nostri hanno fatto per aiutare tutti? Ci siamo impegnati a formare i
formatori, come già fecero i pionieri della nostra Chiesa Diocesana, anche
in tempi moderni. Al Papa abbiamo presentato una prima raccolta delle
memorie di questi testimoni di Cristo nelle varie parrocchie e nella vita
diocesana. La formazione di un laicato, impegnato a dare forma evangelica
alla propria azione nel mondo e sollecito a dare sapore ministeriale alle
proprie fatiche di apostolato, è obiettivo che vogliamo riproporre a tutti,
nel nome del Signore.
Forse vorresti partecipare a questo bellissimo processo che si avvia
invocando la sapienza di Dio: chiediamo aiuto a tutti per promuovere la
maturità cristiana del nostro popolo. Oso sperare che tu, benevolo lettore
di questo piccolo foglio, sia disposto a dare un contributo perché le tue idee si confrontino con quelle degli altri, nella tua parrocchia e altrove. Sarei onorato se chi volesse contribuire a questo servizio della Chiesa che guarda fiduciosa al futuro, avesse la bontà di rispondere a questa mia lettera, scrivendomi sul sito www.diocesiarezzo. it
Se proveremo a dare una risposta almeno interiore a queste domande, la speranza tornerà a distinguere gli amici di Gesù, per aiutare questo nostro mondo aretino, cortonese e biturgense ad essere più umano e benedetto dal Signore.

 

01-01-2013