La Diocesi

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Storia della Diocesi

 

TRE DIOCESI UNITE
La diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro è sorta ufficialmente il 30 settembre 1986 con il riordino di tutte le diocesi italiane. È costituita dalle soppresse diocesi di Arezzo, di Cortona e di Sansepolcro, già unite in persona Episcopi fin dal tempo del Vescovo Giovanni Telesforo Cioli (1961-1983). La unificazione dei tre territori diocesani non è andata di pari passo con quella socio religiosa. Per alcuni aspetti si può ancora parlare di tre vaste zone pastorali non del tutto ben amalgamate: difficile superare però in pochi decenni distanze secolari, anche se molto è stato fatto. La diocesi di Arezzo è la più antica delle tre ed è di origine paleocristiana (IV secolo). Il suo secondo vescovo, san Donato, è uno dei santi più venerati della cristianità ed è stato denominato Apostolo della Tuscia da Papa Vittore II (1057), ultimo papa tedesco prima di Benedetto XVI. La diocesi di Cortona è nata nel 1325 per volontà di Giovanni XXII che ne ritagliò il territorio soprattutto da quella aretina, a causa dei contrasti tra le due città ed anche per umiliare la potenza del vescovo ghibellino Guido Tarlati. La diocesi di Sansepolcro venne costituita nel 1515-1521 da Leone X sul territorio diocesano di Città di Castello. Anche da queste vicende si capisce che le tre comunità hanno avuto fino agli anni ’80, oltre al presbiterio e al vescovo, una vita religiosa e una tradizione propria. L’attuale diocesi è costituita da quattro vallate principali: Valdichiana, Valdarno, Casentino, Valtiberina; la città di Arezzo è al centro di questo vasto territorio diocesano, il più grande della Toscana. La vita religiosa è nel complesso discreta. Superiore alla media la frequenza ai sacri riti in Valdichiana; ma anche in Valtiberina e in Casentino, dove sorgono i celebri santuari di Camaldoli e della Verna, la fede è molto sentita. Un po’ più difficile l’ambiente del Valdarno, di tradizione operaia e che risente della vicina metropoli fiorentina. Molto cara agli aretini la devozione alla Madonna del Conforto (15 febbraio), che mobilita tutti in occasione della festa, e costituisce il cuore materno della diocesi. Nella memorabile visita del 23 maggio 1993, il beato Giovanni Paolo II, durante la celebrazione allo stadio gremito di gente, ha affidato la diocesi aretina-cortonese-biturgense alla protezione della Madonna del Conforto. Dal punto di vista economico è molto importante il settore orafo. Arezzo è con Vicenza e Valenza uno dei poli più importanti, non solo in Italia. Dal punto di vista culturale il territorio della diocesi è stato nel passato uno dei centri della civiltà. Basti pensare a Guido d’Arezzo, Piero della Francesca, Luca Signorelli, Giorgio Vasari, Francesco Redi; è la patria di Francesco Petrarca, Michelangelo Buonarroti.

DIOCESI DI AREZZO
La diocesi di Arezzo è sorta durante il secolo IV, dopo l’editto di Costantino che liberalizzò i culti. Arezzo è una delle pochissime diocesi antiche, una quindicina in tutto, che possiede l’elenco completo dei vescovi (i dittici). Se si considera che i vescovi aretini sono 107 e che i vescovi di Roma (cioè i papi) sono 265, si capisce che la diocesi non può essere sorta in epoca apostolica, come affermano magniloquenti leggende medievali, ma più realisticamente nel corso del 300 (F. Lanzoni). È però del tutto logico pensare che fossero già presenti da tempo gruppi di cristiani; Arezzo era collegata direttamente a Roma con la via Cassia, e il cristianesimo viaggiava lungo le strade consolari. Una leggenda altomedievale racconta che durante la persecuzione di Decio (250 252) furono uccisi per la loro fede i fratelli Lorentino e Pergentino, ritenuti protomartiri della città. Di fatto, è ricordato nel Martirologio geronimiano ad Arezzo un martire di nome Lorenzo (Lorentino), il 3 giugno. Primo vescovo e fondatore della chiesa aretina fu San Satiro. Più celebre il suo successore, San Donato, patrono della città e diocesi. I più antichi documenti (Martirologio geronimiano, Sacramentario gelasiano) lo ricordano al 7 agosto coi titoli di vescovo e confessore, termine quest’ultimo che fa riferimento a sofferenze e persecuzioni sopportate per Cristo nell’evangelizzazione della vastissima diocesi, la più grande della Toscana. Passioni leggendarie successive lo hanno descritto invece come martire, ucciso sotto Giuliano l’Apostata il 7 agosto 362 con il taglio del capo; questa tradizione è rimasta fino ai nostri giorni. Il suo culto si diffuse in tutto il mondo cristiano. Papa Vittore II (1057) definì San Donato “Apostolo della Toscana”. Ancora oggi solo in Italia più di settanta diocesi hanno chiese a lui dedicate, e molti luoghi portano il suo nome. La diocesi aretina, dopo la sua istituzione, si andò organizzando in più di sessanta distretti plebani, ognuno dei quali aveva a capo una pieve. È rimasta celebre la disputa tra Arezzo e Siena per il possesso di diciannove pievi poste nel comitato senese ma in diocesi aretina, che giungeva oltre Montalcino. Nel 1220 il papa Onorio II concluse la plurisecolare questione attribuendo ad Arezzo il possesso di quelle pievi, le cui origini risalivano “al tempo dei Romani” (a tempore Romanorum), secondo le carte longobarde dell’Archivio Capitolare. Intorno all’anno 1000 Arezzo raggiunse una grande fama con Guido monaco, inventore dell’alfabeto musicale, che permise di passare dal canto tramandato a memoria a quello rigorosamente scritto. Nello stesso periodo un altro monaco, San Romualdo, fondava nell’appennino casentinese l’Eremo di Camaldoli; fu il vescovo Teodaldo a donare il terreno e a consacrare la chiesa nel 1027. L’ordine camaldolese ebbe un grande sviluppo e contribuì alla riforma della vita ecclesiastica. Nel 1203 la cattedrale, per ordine di Innocenzo III, dalla collina del Pionta dove era sepolto San Donato, fu trasferita dentro le mura, nel luogo attuale. Gregorio_XIl 10 gennaio 1276 Papa Gregorio X, di ritorno dal II Concilio di Lione, morì ad Arezzo. Il suo corpo riposa in cattedrale, riedificata in magnifico stile gotico con il determinante contributo economico lasciato dal pontefice. Dopo la morte del Beato Gregorio X, in città si radunò il primo conclave della storia della chiesa: le norme erano state approvate proprio nel II Concilio di Lione (Ubi periculum, 1274). Il 20 gennaio 1276 alla prima votazione e all’unanimità fu eletto il domenicano Pietro da Tarantasia, il Beato Innocenzo V. Era vescovo Guglielmino degli Ubertini, uomo di carattere energico, che governava con il pastorale, ma anche con la spada, da vescovo-conte del sacro romano impero. Morì nella famosa battaglia di Campaldino, presso Poppi, combattendo contro i fiorentini per la difesa del territorio comunale e diocesano (1289). Ma il suo nome è legato anche ad altri fatti importanti: nel 1260 consacrò solennemente la Chiesa della Verna, presente San Bonaventura, generale dell’ordine; approvò gli statuti della Fraternita dei Laici in S. Domenico (1263), dove veniva allora dipinto il Crocifisso di Cimabue; a Cortona approvò nel 1286 gli statuti della Fraternita cortonese e dell’ospedale, suggeriti da Santa Margherita. Insieme alla santa cortonese si devono ricordare il beato Benedetto Sinigardi, iniziatore della preghiera dell’Angelus, e il santo eremita casentinese Torello da Poppi. Con il vescovo Guido Tarlati la città raggiunse il massimo sviluppo economico.copertina Purtroppo il vescovo invase anche la diocesi di Città di Castello e per questo motivo venne scomunicato e deposto da papa Giovanni XXII; nello stesso anno il papa staccò dal territorio diocesano aretino, e in parte da quello tifernate, la nuova diocesi di Cortona (1325). Nonostante la scomunica il vescovo Guido, uno dei capi riconosciuti del ghibellinismo italiano, incoronò Ludovico il Bavaro re d’Italia a Milano con la corona ferrea (1327). Morì nello stesso anno, riconciliato con la Chiesa. Anche il vescovo Guido fu un grande pastore; approvò le regole dell’ordine olivetano del Beato Bernardo Tolomei e benedì la prima pietra dell’abbazia di Monte Oliveto, allora in territorio diocesano aretino (1319); in questo periodo fiorì la santità di Giustina Bèzzoli, di Agnese da Montelpulciano e di Bonizzella da Trequanda. Nel 1384 Arezzo, dilaniata da lotte fratricide, e senza più una guida autorevole, divenne preda di capitani di ventura e infine di Firenze, che la comprò per 40.000 fiorini. Nei secoli XV e XVI la diocesi aretina vide sorgere mirabili opere d’arte (La Leggenda della vera Croce, di Piero della Francesca; il loggiato di S. Maria delle Grazie, di Benedetto da Maiano; la SS. Annunziata, del Sangallo; il Palazzo della Fraternita, del Rossellino e del Vasari; le vetrate del Marcillat; le Logge del Vasari), ma subì altri smembramenti: nel 1462 vennero erette sul suo territorio le nuove diocesi di Pienza e di Montalcino. Fu aggregata a Pienza anche l’Abbazia di Monte Oliveto, in seguito divenuta essa stessa autonoma (Abbazia “nullius dioecesis”, anno 1765). Nel 1561 fu creata la diocesi di Montepulciano, che si portò via un’altra parte del territorio aretino. La creazione della diocesi di Sansepolcro (1515, 1520) non comportò invece per Arezzo gravi perdite territoriali:solo dei piccoli tagli confinari; questa volta il grosso delle parrocchie fu sottratto a Città di Castello.
Insieme alla perdita di tanti territori, Arezzo dovette subire l’ingiuria della distruzione dei suoi luoghi più cari e antichi, in particolare l’abbattimento del Duomo Vecchio. L’incredibile distruzione del “Vaticano aretino” fu voluta da Cosimo I nel 1561 per motivi di carattere militare: dal Pionta si poteva bombardare facilmente la città. Il Concilio di Trento (1545-1563), aperto dal cardinale Giovanni Maria Ciocchi di Monte S. Savino, prelato di origine aretina, poi papa Giulio III, portò anche nella nostra diocesi un profondo rinnovamento spirituale. Tra i vescovi si distinse Tommaso Salviati, fondatore del Seminario (1639), che operò nello spirito di San Carlo Borrromeo. La santità raggiunge la vetta nella figura di Santa Teresa Margherita Redi, morta nel Carmelo di Firenze nel 1770 all’età di 22 anni. L’avvenimento che ha segnato nel profondo la storia di Arezzo e ha reso più viva la fede degli aretini è stato il miracolo della Madonna del Conforto. Madonna_del_ConfortoIl 15 febbraio 1796, mentre la città era terrorizzata da violente scosse di terremoto, quattro popolani, tre uomini e una donna, videro diventare luminoso il volto annerito di un’immagine di terracotta raffigurante la Madonna di Provenzano nella cantina di un ospizio camaldolese presso Porta S. Clemente. Il vescovo Niccolò Marcacci, dotto e prudente, dopo un’accurata inchiesta sui fatti concluse che nessuno poteva ragionevolmente porre in dubbio “la miracolosa mutazione di questa Madonna di oscura e quasi nera in bianca, risplendente e bella”. Nel 1799 fu cacciato fuori di Arezzo e della Toscana l’esercito invasore francese (insurrezione del “Viva Maria”), che aveva oppresso la popolazione e profanato i luoghi religiosi. L’anno successivo i francesi, tornati in forze, assaltarono Arezzo ed entrati in città la saccheggiarono orrendamente (18-19 ottobre 1800). Nel 1805 venne in visita il Papa Pio VII, di ritorno dall’incoronazione di Napoleone a Parigi. Dopo la caduta di Napoleone, l’immagine della Madonna del Conforto poté essere solennemente incoronata il 15 agosto 1814 dal piissimo vescovo Agostino Albergotti. Nel 1896 fu celebrato il 1° Centenario del miracolo, che risultò solennissimo. Negli anni 1948-1951 la sacra immagine venne portata in tutte le parrocchie della diocesi, con commoventi manifestazioni popolari, accompagnata personalmente dal vescovo Emanuele Mignone, ultraottantenne; è stato il vescovo che ha guidato la diocesi per il periodo più lungo: 42 anni, dal 1919 al 1961.
Anche in occasione del 2° Centenario, nel 1995-1996, si è svolta la peregrinatio Mariae nelle parrocchie più popolose, con risultati consolanti. Memorabile è stata la visita del beato Giovanni Paolo II, il 23 maggio 1993, domenica dell’Ascensione. In quella occasione il papa ha affidato la nuova diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro alla protezione della Madonna del Conforto. Il papa ha visitato, il 17 settembre successivo, anche la Verna e Camaldoli. La diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro era sorta ufficialmente il 30 settembre 1986, con il riordino di tutte le diocesi italiane. Furono soppresse le precedenti tre diocesi di Arezzo, di Cortona e di Sansepolcro e venne eretta la nuova, guidata dal vescovo Giovanni D’Ascenzi. Le tre diocesi erano di fatto unite, in persona episcopi, già dal tempo di mons. Giovanni Telesforo Cioli, energico reggitore della diocesi (1961 1983), che ha dato grande impulso alla costruzione delle moderne chiese nella periferia urbana e in molti luoghi della diocesi. Il Cioli è stato l’ultimo vescovo ad usufruire delle insegne arcivescovili del pallio e della croce astile. Dopo mons. D’Ascenzi (1983-1996), è stato nominato vescovo P. Flavio Roberto Carraro, che ha voluto ricevere l’ordinazione episcopale in Cattedrale (7 agosto 1996), e che ha retto per appena due anni la Chiesa aretina-cortonese-biturgense, prima di essere trasferito alla sede vescovile di Verona. Dal 1999, per dieci anni, la cattedra di San Donato è stata affidata al vescovo Gualtiero Bassetti, nominato il 21 novembre 1998 ed è entrato in diocesi il 6 febbraio 1999. Mons. Bassetti, con cui la diocesi ha varcato serenamente le soglie del III millennio, ha retto la chiesa aretina sino al 16 luglio 2009, quando è stato promosso dal Santo Padre Benedetto XVI alla sede arcivescovile e metropolitana di Perugia-Città della Pieve.

DIOCESI DI CORTONA
L’antichissima città di Cortona, ancora racchiusa dalla possente cinta muraria che in alcune parti conserva l’ originario impianto etrusco, fu uno dei capoluoghi dell’ Etruria, come annota Tito Livio (IX, 37) e come testimoniano i numerosi e importanti rinvenimenti archeologici in tutto il suo territorio. La battaglia del Trasimeno (217 a.C.), nella quale l’esercito di Annibale annientò le legioni romane, segnò il declino della città, ritenuta forse alleata dei cartaginesi. Ridotta a colonia romana, non ci sono notizie che in epoca paleocristiana sia stata eretta in diocesi; il suo territorio faceva parte del municipio e della diocesi di Arezzo. Solo in epoca tardo-medievale, quando Cortona tornò ad essere un importante centro urbano, per motivi di prestigio cominciò a rivendicare una presunta antichità diocesana, che non risulta però da nessun documento prima del Mille. Al distacco progressivo tra Arezzo e Cortona contribuì anche la dura repressione degli aretini nei confronti della cittadina ribelle, nel 1258; ad essa seguì la riscossa dei cortonesi, il 25 aprile 1261, che portò ad una maggiore autonomia da Arezzo e alla proclamazione di S. Marco patrono di Cortona. Cortona venne insignita del titolo di città ed eretta in diocesi da papa Giovanni XXII con la bolla “Vigilis spectatoris”, data ad Avignone il 19 giugno 1325. Fu dichiarata cattedrale la basilica extraurbana di San Vincenzo, diacono e martire. Il territorio diocesano comprendeva dieci pievi, sei delle quali tolte alla diocesi di Arezzo (Cortona, S. Eusebio, Montanare, Bacialla [Terontola], Creti e Poggioni), due alla diocesi di Chiusi (Poppello e Cignano) e due alla diocesi di Città di Castello (Falzano e Rubbiano); in tutto 81 parrocchie, monasteri e luoghi pii; tra di essi l’Abbazia di Farneta e l’ Eremo francescano delle Celle. Primo vescovo fu l’aretino Ranieri Ubertini, fratello del vescovo di Arezzo Boso. I motivi che spinsero Giovanni XXII a erigere la nuova diocesi, accogliendo le richieste dei cortonesi, sono espresse dal papa stesso nella bolla del 1325: la comunità cortonese è sempre stata fedele alla Chiesa, né ha mai parteggiato per i suoi oppositori; non è stata adeguatamente curata dai vescovi aretini; ha ormai raggiunto una ragguardevole importanza. Nel primo motivo si legge tra le righe la motivazione di fondo: punire il potente vescovo di Arezzo Guido Tarlati per essersi messo a capo del partito ghibellino e aver invaso lo Stato della Chiesa. Anche la nomina di due membri della famiglia Ubertini, rivale dei Tarlati, a vescovi di Arezzo e di Cortona, andava in questa direzione. Meno comprensibile la seconda motivazione, se si pensa che sotto la guida dei vescovi aretini Cortona aveva visto fiorire pievi, monasteri e conventi di ogni ordine e un’intensa vita religiosa. Sono di questo periodo le magnifiche chiese di S. Francesco, S. Domenico e S. Agostino. La santità ha le sue espressioni più alte nel beato Guido Vagnottelli e nel beato Vito, tra i primi seguaci di S. Francesco; e soprattutto in S. Margherita da Cortona. Anche il Laudario cortonese, capolavoro musicale, appartiene al periodo “aretino”‘ (sec. XII-XIII). Più logica invece l’ultima motivazione: Cortona aveva raggiunto in effetti una notevole importanza, tanto da avere acquisito il diritto di battere moneta. Nata da una costola della chiesa aretina, la diocesi cortonese mostrò subito una grande vitalità. La presenza del vescovo portò nuovo impulso alla vita religiosa, mentre di pari passo continuava lo sviluppo economico, sociale e artistico. Le visite pastorali si fecero più frequenti, così come i sinodi, data anche la relativa piccolezza della diocesi. Tra le figure più belle della santità cortonese spiccano ora il B. Ugolino Zefferini (1370), il B. Pietro Capucci (1445) e la venerabile Suor Veronica Laparelli (1620). La città e la chiesa cortonese hanno dato alla cultura e all’arte un eccezionale contributo. Ricordiamo Elia Coppi (Frate Elia), primo generale dell’ordine francescano, che progettò la Basilica di S. Francesco ad Assisi e quella di Cortona, dove è sepolto. E poi Luca Signorelli, uno dei più grandi pittori del Rinascimento; Pietro Berrettini (Pietro da Cortona), geniale maestro dell’arte barocca; Gino Severini, tra i fondatori del Futurismo pittorico, che volle onorare la sua città con due mirabili opere musive: la Via Crucis e un grandioso S. Marco, ambedue richieste dal vescovo Giuseppe Franciolini. Nel periodo rinascimentale vennero innalzate, nelle opposte pendici della collina cortonese, due magnifiche chiese: S. Maria del Calcinaio (1501), capolavoro di Francesco di Giorgio Martini, e S. Maria Nuova (1586), progettata dal Cristofanello e realizzata in gran parte dal Vasari. Con bolla di Giulio II del 9 giugno 1507 la cattedrale fu trasferita in città, nella Pieve di S. Maria, ristrutturata e ampliata forse da Giuliano da Sangallo. Nel novembre del 1515 fece visita per tre giorni alla città Papa Leone X, ospite di Silvio Passerini, cortonese e suo fraterno amico. Il Passerini fu poi nominato cardinale e vescovo di Cortona. Nel prosieguo del cammino verso Firenze (Leone X era della famiglia Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico) il papa si fermò anche ad Arezzo. La riforma del Concilio di Trento portò ad un profondo rinnovamento. Nel 1573 fu fondato dal vescovo Francesco Perignani il Seminario, uno tra i primi nella storia della chiesa, anche se per alterne vicende entrò pienamente in funzione un secolo dopo, nel 1696. Memorabili nel 1730 i festeggiamenti per la canonizzazione di Santa Margherita da Cortona, al tempo dell’ottimo vescovo Luigi Gherardi. Per l’emancipazione delle classi sociali più umili esplicò instancabile la sua opera il grande vescovo Giuseppe Ippoliti (1755-1776). In particolare fece impressione la sua Lettera parenetica, pubblicata nel 1772, nella quale “con parole di fuoco” si bollano i comportamenti inqualificabili dei ricchi proprietari della Valdichiana e si prendono le difese dei contadini, immiseriti anche dalle drastiche riforme liberiste leopoldine. Il XVIII secolo vede la nascita dell’Accademia Etrusca, con annesso Museo, una delle istituzioni culturali più celebri del tempo. Nel secolo XX si è aggiunto il Museo diocesano, voluto dal vescovo Franciolini, dove sono raccolti numerosi capolavori d’arte della chiesa cortonese, primo fra tutti la stupenda Annunciazione del Beato Angelico. Solennissime le celebrazioni per il VI centenario della morte di Santa Margherita, nel 1897. Per quella occasione venne completata, in stile neogotico, la Basilica di S. Margherita su progetto di Giuseppe Castellucci. Il secolo XX è stato caratterizzato dal lunghissimo episcopato di Giuseppe Franciolini, dal 1932 fino al 15 febbraio 1978, quando la diocesi venne unita, in persona episcopi, a quelle di Arezzo e di Sansepolcro. Il vescovo, che era nato presso Sassoferrato il 10 dicembre 1891, è rimasto nella “sua” Cortona fino alla morte, avvenuta il 16 aprile 1989. Al momento della nomina si volle presentare come “padre, amico, fratello”. Questo è stato in effetti il vescovo Franciolini; tra i 54 vescovi cortonesi il più grande e il più amato. Nella memorabile visita di Giovanni Paolo II alla diocesi di Arezzo-Cortona Sansepolcro del 23 maggio 1993 la prima sosta è avvenuta a Cortona, nella Basilica di Santa Margherita; una santa che il papa conosceva “ancor prima, molto prima di venire in Italia e di divenire Vescovo di Roma”.

DIOCESI DI SANSEPOLCRO
Dopo avere fatto parte della diocesi di Città di Castello, Sansepolcro ebbe la sua autonomia nel 1515 per decisione di papa Leone X, che la elevò alla dignità di sede vescovile e di città. In quell’anno l’antica abbazia camaldolese diventò cattedrale e il monastero sede di Episcopio. Tuttavia il primo vescovo, Galeotto Graziani (che era stato l’ultimo degli abati), ebbe la consacrazione vescovile solo nel 1521. In seguito ad antichi privilegi imperiali e papali – non sempre tuttavia riconosciuti autentici dal vescovo di Città di Castello – l’abbazia di Sansepolcro, prima del 1515, si era attribuita esenzioni dalla giurisdizione spirituale di quel vescovo e da ogni altro potere temporale; e forse il primo motivo del contendere tra le due istituzioni fu offerto dal fatto che, anche se l’abate di Sansepolcro dichiarava la sua unica e diretta dipendenza dal papa, non c’era mai stato un riconoscimento ufficiale del nullius della sua abbazia. Non risultando dunque alla curia castellana la prova dell’autonomia camaldolese, quel vescovo si sentì di fatto autorizzato ad esercitare la sua autorità anche sul territorio di Sansepolcro. A tale aspetto della problematica se ne aggiunse un altro di ordine civile e politico, per il fatto che nel contrasto tra i due centri dell’Alta Valle del Tevere emersero anche i riflessi di un impegno palesemente politico. Soprattutto in quello toscano si fece spesso in modo che la lotta condotta dall’abate per l’emancipazione dal vescovo di Città di Castello diventasse l’occasione per conquistare e difendere anche un’autonomia politica. Del resto l’istituzione della diocesi, voluta fermamente da Leone X, se fu importante per la terra altotiberina toscana, lo fu anche per Firenze, come potrebbero confermare l’aggregazione di quella di Sansepolcro alla Chiesa metropolitana fiorentina e le due visite che un altro pontefice della casata medicea, Clemente VII, vi fece rispettivamente nel 1525 e nel 1532. Tutto questo fece avvertire alla cittadina toscana anche la consapevolezza di essere ormai entrata nell’orbita di quella politica che, a iniziare da Lorenzo il Magnifico, aveva fatto della Chiesa un sicuro strumento del dominio mediceo nell’Italia centrale. In altri termini la città comprese che, in un contesto programmatico di quel tipo, al suo episcopio sarebbe stata di fatto assegnata una sorta di investitura a rappresentare gli interessi di una chiesa, quella di Firenze appunto, che ormai da tempo era uno strumento nelle mani dei Medici. Dopo Galeotto Graziani (che governò soltanto dal 1521 al 1522), la diocesi di Sansepolcro, attraverso il governo di trenta successori, mantenne autonomamente la sua entità giuridica fino al 1967, quando l’ultimo vescovo residente, monsignor Abele Conigli, che era stato nominato nel 1963, lasciò la città il 31 marzo per andare a guidare la diocesi di Teramo. Quanto all’entità territoriale, va detto che la Diocesi di Sansepolcro ebbe due variazioni nel secolo XVIII, quando inglobò i territori di Bagno di Romagna e di Sant’Ellero e Galeata, di cui daremo notizie quì di seguito. Intanto ricordiamo che a monsignor Abele Conigli successe, in qualità di Amministratore Apostolico, monsignore Telesforo Cioli, vescovo di Arezzo. La partenza del Vescovo Conigli e l’arrivo dell’Amministratore Apostolico furono i segnali premonitori di una fine che fu avvertita da tutti i fedeli, dai sacerdoti e anche dalla pubblica amministrazione di Sansepolcro. Infatti, proprio nel ricordato giorno di quel distacco (31 Marzo 1967), il Consiglio Comunale approvò un documento in cui si esprimeva preoccupazione per le sorti della Diocesi e per la stessa sede vescovile. Il documento fu inviato al Pro Prefetto della Sacra Congregazione Concistoriale, cardinale Carlo Confalonieri. Tuttavia, sebbene anche in ambito ecclesiastico si fossero verificate reazioni a favore della persistenza della diocesi, il 22 ottobre 1975 l’Amministratore Apostolico, monsignore Telesforo Cioli, divenne anche Vescovo di Sansepolcro. Contemporaneamente, mutarono anche le sorti delle parrocchie romagnole: quelle della Valle del Savio passarono alla diocesi di Cesena e Sarsina; quella del Bidente alla diocesi di Forlì e Bertinoro. Dopo le dimissioni di monsignor Cioli, presentate il 22 aprile 1983 per raggiunti limiti di età, subentrò monsignor Giovanni D’Ascenzi, che fece il suo ingresso a Sansepolcro il 12 giugno 1983 nella sua qualità di vescovo di Arezzo, Cortona e Sansepolcro.

Vedi anche la pagina dedicata alla storia della vita consacrata in terra di Arezzo.