È il santuario mariano della città e dell’intera diocesi. È il cuore di Arezzo, città di grandi tradizioni civili e religiose, distintasi anche nel passato per la forte testimonianza di umanità e di fede di tutto il suo popolo e dei suoi pastori. Dalla fine dell’ultima guerra, Arezzo, da città con attività di carattere eminentemente agricolo, è diventata una grande città industriale, si è notevolmente trasformata ed ha quasi raddoppiato la sua popolazione. Questa evoluzione, così repentina e talvolta disordinata, ha avuto ripercussioni non sempre positive non solo nel modo di vivere e di pensare, ma anche nell’espressione della fede.
La Madonna del conforto resta un punto di riferimento per gli aretini.
“La manifestazione della Madonna, che portò agli aretini la grazia e il conforto della liberazione dal flagello del terremoto sotto cui giacevano da quindici anni, avvenne la sera del 15 febbraio 1796 nella cantina dell’ospizio dei camaldolesi (ora monastero delle Domenicane di clausura) all’imbocco di via Garibaldi. Mentre tre artigiani, insieme con la cantiniera, pregavano genuflessi davanti a un’immagine di Maria, chiedendo la cessazione del terremoto, improvvisamente e istantaneamente la videro diventare bianchissima e rilucente senza conservare traccia del nero e del giallo che aveva sempre avuto.
Il quadretto di terracotta invetriata rappresenta la Madonna a mezzo busto con la scritta “S. Maria, ora pro nobis”. Annerita dal fumo di un fornello che stava quasi perpendicolarmente sotto, da un lampadino a olio che ardeva ogni sera per devozione alla Vergine e per illuminare la cantina, dalla polvere e dai vapori umidi del focolare, senza dire del sudicio lasciatovi dagli insetti, la sacra immagine era diventata ormai quasi irriconoscibile.
Nella cattedrale gli aretini costruirono una monumentale e grandiosa cappella, splendente di marmi e tesori d’arte, per conservare in un prezioso reliquiario la loro “Madonnina del Conforto)), dalla quale ricevettero infinite grazie e favori.
Pio VII, cardinali, vescovi, regnanti e principi vennero ad Arezzo a onorare la Madonna del Conforto. Il 15 agosto 1814 fu incoronata dal capitolo vaticano. Il santuario è il vanto e il cuore dell’intera diocesi aretina e in nessun’altra circostanza la fede e l’amore degli aretini per la Vergine ha espressioni tanto commoventi e sentite come quando si tratta dì onorare la “Bianca Regina” della loro città”.
Chi sale alla bellissima cattedrale è attratto subito, oltre che dalle grandiose volte del tempio e dalle splendide vetrate, da una scritta che sormonta un’artistica cancellata in ferro battuto, attraverso la quale si accede alla cappella della Madonna: “Confortetur cor tuum: ecce Mater tua”, si conforti il tuo cuore, coraggio, ecco tua Madre. Varcare quel cancello per gli aretini vuoi dire aprire il cuore alla fiducia e alla speranza. Non mancano nella vita di ciascuno di noi situazioni di prova, di dolore, di sofferenza… Anche Maria le ha vissute. La sua testimonianza ci aiuta a vivere nella speranza anche i momenti più difficili e a farci attenti e solidali verso le persone che soffrono. Nella presentazione di Gesù al tempio, il vecchio Simeone dice parole di lode e di speranza per la salvezza ormai prossima a realizzarsi in Gesù, ma dice anche parole misteriose a Maria: “Anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Ai piedi della croce, mentre vive la prova del fuoco della sua fede, ricorda certamente quelle parole che, insieme alle altre, “aveva conservato nel suo cuore”. Il volto di Maria sotto la croce non è quello meraviglioso della annunciazione: è segnato dal dolore, ma composto nella serenità della speranza. E il volto che le chiediamo di darci nei momenti della prova e della sfiducia.
Ogni anno, il 15 febbraio, è festa grande per Arezzo perché è la festa della madre celeste, e una gran folla sale alla cattedrale e canta: “Ave, spes nostra… O Maria, ti salutiamo, tu sei la nostra speranza…”.
Osservando tanta gente un sacerdote, parafrasando Papini, disse che il cristianesimo degli aretini era diventato “marianesimo”. Certo, corriamo talvolta il rischio dì considerare il culto a Maria come fine a se stesso, frutto di sentimentalismo o di quel po’ di mammismo radicato nel cuore di ogni uomo. Quello che conta è invece la testimonianza di vita. La devozione alla Madonna deve essere quindi vissuta nella luce del mistero di Cristo e della Chiesa e, pur tenendo presenti i personali attributi e privilegi di Maria, deve porre in evidenza la sua specifica missione di produrre quella fede “itinerante” che ha contraddistinto la sua esistenza terrena, tanto da essere “lo strumento di cui il Figlio di Dio si servì per diventare il Figlio dell’uomo. Il cammino spirituale di Maria diventa immagine del cammino della Chiesa: tutti ci precede nella peregrinazione della fede. Così, nell’anno mariano, la comunità cristiana di Arezzo – Cortona – Sansepolcro accoglie l’appello del Vescovo Mons. Giovanni D’Ascenzi a venerare la Madre di Dio nel santuario diocesano e nei santuari mariani del territorio come momento di crescita nella testimonianza della fede e come impegno per una più approfondita conoscenza della presenza di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa.
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