Celebriamo oggi la solennità dei santi Pietro e Paolo e la preghiera, la fede, lo sguardo ci porta a Roma, dove Pietro e Paolo hanno trovato nel martirio il compimento della loro sequela del Signore e della loro missione e a Roma, sulla tomba degli Apostoli, troviamo la Chiesa. E’, quella di oggi, una festa che ci porta al cuore della Chiesa, del popolo amato e scelto da Dio. Noi, noi sua Chiesa.
E’ allora significativo che oggi, nella cornice di questa festa che è profondamente ecclesiale, celebriamo l’ordinazione presbiterale di due giovani, Nicholas e Reginald, che chiamati dal Signore donano la loro vita nella Chiesa e per la Chiesa.
La liturgia è oggi commovente e carica di segni eloquenti, segni che raccontano l’essere scelti e amati da Dio e insieme mostrano la vita che si apre verso grandi orizzonti e si dona. La liturgia, con tutti i suoi santi segni, oggi parla di voi e trasforma e accompagna la vostra vita di amici di Gesù.
I segni sono accompagnati dalla Parola di Dio che li illumina e orienta anche i passi della vostra vita e ci aiuta a comprendere il dono che stiamo celebrando.
La prima lettura vi consegna carissimi un primo invito: camminare. Diventate preti per camminare.
E’ quanto accade a Pietro. Egli è messo in catene in prigione, non può più muoversi, è incatenato anche il suo ministero. L’angelo del Signore lo visita nella cella e opera una vera liberazione, fino a portarlo nella città di Gerusalemme per rimetterlo in cammino.
Diventare preti per camminare vuol dire anzitutto prendere coscienza delle difficoltà a vivere il ministero, delle resistenze, delle catene.
Esse sono interiori, personali e si radicano nel nostro peccato. C’è una chiamata a camminare nel ministero, a vivere una piena dedizione e tante volte sperimentiamo molte resistenze: il dubbio, la fatica e la stanchezza, la sfiducia, la mancanza di preghiera.
Ci sono resistenze anche esteriori e sono radicate anche nella cultura in cui viviamo. Siamo in un tempo in cui la logica prevalente non è quella del donarsi, ma quella dell’affermarsi nella vita. Ed è difficile pensare per un giovane di poter diventare prete. Due giovani che oggi scelgono questa via è davvero un bel miracolo, qualcosa che riempie di meraviglia il cuore.
Ecco, siete ordinati preti oggi per scoprire che qualsiasi resistenza e difficoltà possa esserci non ti impedirà di camminare, di ritrovare la libertà, l’entusiasmo, la gioia dell’annuncio.
Questo angelo vi dice che voi, Nicholas e Reginald, siete stati chiamati un giorno e oggi di nuovo, siete chiamati, siete amati, siete liberati da ogni catena e stanchezza per camminare, cioè per vivere. Diventate preti cari amici per vivere, per vivere la vostra vita camminando, per essere preti vivi, pieni di vita e di vitalità, preti positivi, capaci di vedere il bene e che rifuggono il lamento, ma camminano.
Liberati dalle catene, come Pietro, ci si ritrova nella città a camminare. E’ il vostro ministero da oggi: chiamati a camminare nella città. Questo vuol dire: chiamati a vivere la vita donandola, a camminare per andare incontro agli altri, per stare con la gente, per vivere la vita di tutti. Vorrei augurarvi di trovare una straordinaria applicazione per lo smartphone che vi guidi sempre a trovare chi ha più bisogno, chi cerca la Parola del Signore, chi attende speranza, chi è malato o nel lutto, chi è solo… e vi faccia camminare per incontrare loro. E poi questa applicazione vi auguro che vi guidi anche a trovare i giovani della nostra diocesi. Sono giovani straordinari e vi aspettano per camminare insieme e scoprire che sono un dono per tutti noi.
Vi auguro un ministero presbiterale in cui camminare, non seduti, non spenti, ma in un cammino di gioia e di testimonianza.
La parola di Paolo nella lettera a Timoteo ci consegna due altri pensieri.
Anzitutto: con Gesù. Paolo, al termine della sua missione, confida la consapevolezza di non essere mai stato abbandonato dal Signore, di essere sempre stato accompagnato da Lui e di aver visto che è il Signore che opera.
Anche a voi Reginald e Nicholas oggi vi viene detto che diventare preti non vorrà dire vivere da soli il ministero, ma con Gesù. Dovreste ripetervelo spesso… Vai in parrocchia con Gesù, stai coi ragazzi con Gesù, visiti un’anziana con Gesù, celebri l’Eucaristia con Gesù.
“Con Gesù” è il senso più profondo della vostra vita e missione e questo richiede di coltivare davvero un rapporto profondo e intimo col Signore, soprattutto nella preghiera. Il rapporto con il Signore, la preghiera dovranno avere il primato nelle vostre scelte di prete. E potrete sperimentare la bellezza di essere preti con Gesù.
Paolo poi rivela un assillo: l’annuncio. “Il Signore mi ha dato la forza perché potessi portare a compimento l’annuncio del vangelo”.
Ed è il secondo pensiero alla luce di questa lettera: diventate preti per parlare. Attenzione, non le chiacchiere, non il giudizio verso gli altri, non banalità. Ma dovete parlare la parola del vangelo, essere portatori di buone notizie, essere voi presenza di buona notizia.
E’ grandissimo il ministero del prete perché ha una parola, non sua, ma è il vangelo, che può toccare il cuore, che parla alla vita, che rimette in cammino la vita altrui, che porta speranza. E’ un tesoro grande che avete e che potrete portare a tutti.
Il vangelo infine ci ripresenta la figura di Pietro in dialogo con Gesù. E’ una presentazione forte di questo apostolo: è lui che risponde alla domanda del Signore in modo corretto, è a lui che Gesù dice tu sei la pietra su cui edificherò la mia Chiesa, a lui è consegnato il potere di legare e di sciogliere.
Ma questo stesso Pietro sarà colui che dirà di Gesù, prima della passione, “non conosco quell’uomo”. E poi è lo stesso Pietro che al lago, dopo la Risurrezione del Signore, si sentirà chiedere dal Maestro: “Mi ami tu più di costoro?” e poi: “pasci le mie pecore”.
Ciò che lega tutti questi momenti è l’amore. Pietro per amore riconosce il Signore come il Cristo e per amore piangerà dopo averlo tradito; Pietro sull’amore viene interrogato da Gesù al lago e ad amare è invitato dicendogli di pascere il gregge.
E’ una figura appassionante quella di Pietro perché ritroviamo in lui la passione e la fragilità dell’amore, dell’amare, ma ci dice oggi che il senso del ministero del pastore, del prete è proprio amare.
Reginald e Nicholas diventate preti per amare. Siete chiamati ad essere celibi per amare, sarete mandati in una parrocchia per amare, vivrete un ministero a tempo pieno, senza contare le ore del servizio per amare, dovrete risollevarvi dopo qualche caduta o fallimento per amare.
Tu sei Pietro, su questa Pietra, mi ami tu?, pasci… Tutto questo a voi oggi dice: ama.
E’ l’amore il senso del vivere da prete, un amare verso cui ci sentiamo sempre incapaci, come Pietro che tradisce e che sulla domanda di Gesù sull’amore risponde con il ti voglio bene. Eppure Pietro vive l’avventura di amare.
Preti per amare. E sarà la provvidenza a offrirvi ogni giorno occasioni concrete per amare, per donare la vita, per avere nel cuore la letizia del vangelo.
Questi dunque i passi che oggi vi sono indicati diventando preti e che chiediamo allo Spirito santo che sarà effuso sopra di voi: cammina, prega, parla, ama.
Vi guidi la fede solida come una roccia di Pietro e la passione missionaria e il coraggio di Paolo.
Rimane una ultima immagine della comunità che ci racconta la pagina degli atti: “dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per Pietro”. Immaginiamo che oggi questo racconta di noi, di voi: la preghiera della Chiesa che sale a Dio e che vi accompagna incessantemente.
+ Andrea Migliavacca
LITURGIA DEL GIORNO