Eccellenza, confratelli,
familiari di don Enrico a cui va il mio cordoglio, convenuti tutti in questa liturgia di commiato per mons. Enrico Arrigoni, del clero della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, è a titolo di vescovo di questa diocesi che desidero farmi vivo, con questi pensieri e soprattutto con la preghiera, a questa liturgia funebre.
Posso dire di aver conosciuto don Enrico, sebbene non l’abbia mai incontrato di persona. Era mio proposito venire a Sondrio a fargli visita. L’ho conosciuto grazie alla sua iniziativa ed attenzione nel tenere un vivo scambio di messaggi con me, abbastanza frequente e ricco di condivisione e di testimonianza sua. A questo si aggiungevano alcune telefonate dove, devo dire, sembrava di conoscersi da tanto tempo. Lo scorso 8 dicembre mi scriveva: “Stupiti e affascinati da questa Presenza” e anche il giorno di Natale mi sono giunti i suoi auguri. É stato l’ultimo messaggio.
Ho colto nella vita di questo presbitero anzitutto la sua grande dimensione di fede, da lui vissuta come credente in Cristo e come sacerdote, nello spirito di obbedienza alla chiamata del Signore e alla Chiesa che l’ha portato a spendere la sua vita, per tanti anni, in missione e al servizio dei più poveri. Un cammino di credente e di presbitero illuminato dall’incontro con CL che sempre ha arricchito la sua vita. La malattia l’ha costretto al rientro in Italia due anni fa, ma il cuore e lo sguardo della fede era rimasto anche nelle terre del Brasile, in mezzo alle favelas, dove egli ha costruito anche una bellissima chiesa, di mura, oltre a quella di pietre vive, con l’attenzione alla vita pastorale e quindi anche attrezzando quell’ambiente, tra le favelas, di spazi per gli incontri pastorali.
Ho colto che don Enrico è stato presbitero esemplare e ispiratore di altri cammini di preti, e ne ho avuto testimonianza in questi giorni dal racconto di alcuni preti della diocesi. Egli ha saputo ispirare nel cuore di altri sacerdoti l’autenticità di seguire Cristo, di essere fedeli alla chiamata di ogni giorno e di tenere vivo l’incontro e l’esperienza con il Signore della vita.
Ho colto in don Enrico la ricchezza dei tratti di umanità e di cordialità che portavano a far crescere autentiche amicizie tra fratelli, sorelle e tra presbiteri. La bellezza della amicizia e la sua umanità lo hanno sostenuto anche nel tempo della malattia, con la capacità di custodire lo spirito di fiducia, di umorismo, di apertura agli altri, anche nel tempo della sofferenza. Egli ha vissuto una vita dignitosa lungo il suo cammino e anche nel tempo della malattia.
Auspico che anche nella nostra diocesi si tenga viva la memoria di don Enrico, la sua testimonianza di prete, di missionario, di credente, di uomo. Sia una testimonianza capace di ispirare ancora cammini di fede e di sequela del Signore.
A testimonianza del suo profondo legame con la nostra diocesi, dove è diventato prete nel 1977, posso narrare il fatto che chiese al parroco del duomo di avere una immagine della Madonna del Conforto da collocare nella Chiesa a Copacabana. Quel quadro rimane ancora oggi lì, murato all’ingresso delle favelas di Rio.
Lo accompagno con la mia preghiera, rendendo lode al Signore per il bene che egli ha donato e testimoniato, affidandolo alla grandezza della misericordia di Dio e invocando il dono di nuove vocazioni al sacerdozio nella nostra diocesi.
Arezzo, 11 gennaio 2025
+ Andrea, vescovo