VI Domenica dopo Pasqua

17 maggio 2020
17-05-2020

Fratelli e sorelle nel Signore:

Dio ci dia pace

in questo giorno santo!

 

  1. La vita secondo lo spirito

Vivere da cristiani è molto bello. È un’avventura umana molto più realizzante che non il solo esserlo diventati nell’infanzia. È un percorso quotidiano, vissuto nel continuo rapporto con Dio che si fa solidale con noi, con il dono dello Spirito Santo.

La “Grazia santificante” del linguaggio dei teologi è un’esperienza molto vivace e affascinante. Camminare alla presenza di Dio ci fa compiere un percorso interiore di liberazione dal male e di perfezionamento delle risorse uniche e irripetibili, che il Signore ha posto in noi. Ciascun essere umano è un capolavoro di Dio nella sua diversità. È una meraviglia nella libera risposta che ogni uomo mette in atto, non nei propositi, ma nella storia personale, nei fatti di ogni giorno.

La vita secondo lo spirito o, nel più comune linguaggio “la vita spirituale”, è tutt’altro che un atteggiamento, un privilegio di momenti particolari. Trae invece la sua bellezza dalla fattualità: è accumulare tesori nella qualità umana che si realizza, dove ciascuno nel santuario della propria coscienza personalizza ciò che Gesù Cristo ha avviato in noi con la Resurrezione dai morti.

La vita di Grazia è causa della nostra letizia. È un cammino gioioso di piccole grandi vittorie sulle resistenze, sulle fragilità e sul male, giacché ogni bambino che nasce porta in sé il segno di Adamo; ogni cristiano, diventando adulto, si rallegra perché a lui giunge il frutto della Pasqua del Signore.

Attraverso la predicazione ai cristiani d’Ippona, Sant’Agostino ripete anche a noi la sintesi dell’esperienza di continua novità che ci è affidata: “canta e cammina[1]. Ogni piccola vittoria quotidiana, che diventa consapevole nella capacità di introspezione di ciascuno – l’esame di coscienza –, è una sorta di sfida: via via che maturi, progredisci nel cammino verso la Gerusalemme del Cielo. Con un tema che è particolarmente caro al Santo Dottore, l’esperienza cristiana vissuta è realizzazione delle potenzialità umane. La Grazia dello Spirito Santo è il compiacimento di Dio verso ogni figlio che ritrova il gusto di camminare in avanti, di uscire dalla banalità del compromesso e dall’insipienza della rassegnazione.

 

  1. La dimensione comunitaria della Pasqua

L’Apostolo Pietro ci ha appena ricordato d’essere “pronti sempre a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi[2]. Al cristiano è chiesto d’essere testimone del Signore Risorto con i gesti della propria vita di ogni giorno. Di fronte alle difficoltà, anche a quelle del Coronavirus che ci affliggono in questo momento, sappiamo che il progetto di Dio non è il male e il dolore, ma la liberazione e la forza dell’umanità, fatta nuova dalla combinazione sempre vincente dell’opera del Signore e dell’impegno dell’uomo.

La sofferenza del presente e la giustificata pressione mediatica ci inducono a misurarci costantemente con la forza del male: com’è che è venuto addosso questo microrganismo capace di devastare ogni parte della Terra, di mettere in crisi il potere dei potenti e l’idolo della ricchezza che ha tentato molti, facendoci dimenticare la fratellanza e il rispetto delle persone?

Non ci sono uomini invisibili costretti dalla fame a lavorare ad ogni costo. Ci sono invece purtroppo alcuni costretti a lasciare i propri cari e la propria terra, mentre altri si avvalgano del frutto del loro lavoro, dando vigore a quel sistema talvolta perverso che trae profitto nel passaggio dalla produzione al consumo. Non c’è soltanto il Coronavirus a far del male, ma anche la sufficienza con cui alcuni ritengono di valere più degli altri e accumulano denaro e potere. Abbiamo visto recentemente nel nesso tra l’informazione e la capacità di dominio sugli altri come, influenzando le opinioni di massa, si ricavi vantaggio per sé.

A noi cristiani è chiesto di guardare avanti. “Vedrete il cielo aperto[3], seguita a dirci la Scrittura. Mi piace cogliere il messaggio della Resurrezione di Piero della Francesca, per la capacità comunicativa che dopo secoli continua ad avere: il piede di Cristo che calpesta il sepolcro e con esso la morte; l’inefficacia della violenza nei quattro figuri in armi accasciati fuori campo che simboleggiano, secondo i medievali, il peccato, la morte, l’anticristo e il diavolo; e soprattutto l’irreversibile passaggio dalla sterilità dell’inverno alla poesia della primavera, che fanno da corteggio all’immagine del Cristo Risorto, icona di ogni storia umana.

Essere “pronti testimoni della speranza[4] significa aver maturato nel percorso della nostra vita, in noi stessi e per gli altri che incontriamo, che niente ci fa più paura. Ci fidiamo di Dio anche nell’apparente durezza della prova presente.

Con il Serafico Padre Francesco, da ultimo, ci è chiesto di ritrovare quella serena apertura interiore del cristiano, liberato dalla paura della morte: “beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male[5].

 

  1. Imponevano loro le mani[6]

Nella comune sensibilità ebraica, anche al tempo di Gesù, i Samaritani erano considerati in contrapposizione con la stirpe di Davide, se non pagani, almeno non reputati ortodossi. Il fatto che i Samaritani si fossero convertiti al Cristianesimo fu motivo degno di nota, tra i segni prodigiosi della predicazione apostolica. Pietro e Giovanni furono loro inviati in Samaria, imponendo le mani su quanti credevano in Cristo li confermarono nella loro fede[7]. Agli Apostoli e ai loro successori è conferita autorevolezza nella comunità cristiana.

Questo sconquasso dovuto alla situazione sanitaria nazionale, per un verso ci ha costretto a rimandare il Sacramento della Confermazione ai nostri ragazzi e, per l’altro, ci ha fatto scorgere che la Cresima è innanzitutto il dono dello Spirito, il passaggio della qualità cristiana, della forza di Dio attraverso l’imposizione delle mani del Vescovo.

Vorrei che questa circostanza forzosa desse occasione ai nostri ragazzi e alle loro famiglie di capire ancor meglio che ogni cristiano, con la conferma dello Spirito Santo, può avviare una storia da adulto. Gli sarà possibile essere libero come un re e una regina, unici in antico, capaci di decidere: non sudditi, ma persone responsabili di se stessi e del bene comune. Fatti “partecipi della natura divina[8], si ha la possibilità di diventare significativi come i profeti, in grado di sottrarci al pensiero diffuso e di saper discernere per sé e per gli altri ciò che più giova alla comunità in cui si vive. Ogni amicizia richiede frequentazione e il coinvolgimento nel progetto di Dio ci fa diventare amici del Signore, cioè uomini e donne senza paura, giacché come Paolo possiamo ripetere: “so a chi ho creduto[9].

È bene che il Sacramento sia accompagnato dal segno della festa, che ci auguriamo sia sempre l’invito a camminare avanti, realizzando gli auspici che le persone care, al giovane atleta di Cristo, gli esprimono attorno. È il segno del superamento della pura materialità per recuperare la speranza nella dimensione comunitaria. Non vorrei dunque che la dilazione che la Chiesa italiana ci ha chiesto di adottare per la celebrazione della Cresima fosse banalizzata o ridotta a una questione di calendario, quasi come le misure rese necessarie nel mondo del lavoro.

La Chiesa, cioè il popolo di Dio, in Italia sta per riprendere in questi giorni a pregare insieme con la comunità attorno ai successori degli Apostoli, coadiuvati dal loro presbiterio.

Certamente, la preghiera di ogni persona davanti a Dio è apprezzabile, ma il Signore stesso ha voluto che, oltre alla qualità personale di una vita secondo lo Spirito, sappiamo recuperare la nostra identità di popolo, comunità di comunità, testimoni di una fraternità possibile.

In questa ultima domenica dopo Pasqua prima dell’Ascensione è consegnata alla nostra comune riflessione la ricchezza che la Parola di Dio ci ha oggi offerto, perché ciascuno ne tragga profitto per la propria vita interiore e per il rinnovamento delle nostre parrocchie e delle nostre comunità.

[1] Sant’Agostino, Discorso 256, 3

[2] 1 Pt 3,15

[3] Gv 1, 51

[4] 1 Pt 3, 15

[5] San Francesco, Cantico delle Creature, 1224

[6] At 8,17

[7] Cfr. At 8

[8] 2 Pt 1, 4

[9] 2 Tim 1, 12