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18 aprile 2024

Mons. Gherardo Gambelli è il nuovo Arcivescovo Metropolita di Firenze. Il Vescovo Andrea Migliavacca: “Fraterni auguri a mons. Gambelli e gratitudine al cardinale Betori”

È stato annunciato oggi, a mezzogiorno, che papa Francesco, accettando la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di Firenze, presentata dal cardinale Giuseppe Betori, ha eletto nuovo arcivescovo metropolita il reverendo don Gherardo Gambelli, finora Parroco dellaMadonna della Tosse, nella stessa arcidiocesi di Firenze.

Il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, monsignor Andrea Migliavacca, ha espresso all’arcivescovo eletto, don Gambelli, le felicitazioni sue e della Chiesa diocesana per la nomina del Santo Padre: Desidero rivolgere all’arcivescovo eletto i miei fraterni auguri, assicurandogli fin d’ora la vicinanza e la preghiera mie e della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro; la nostra Chiesa diocesana, che è legata da vincoli di comunione ecclesiale con la Chiesa metropolitana fiorentina, di cui è suffraganea, gioisce insieme con l’arcidiocesi di Firenze, per la nomina del nuovo Pastore”.

Il vescovo Andrea ha voluto rivolgere anche un pensiero grato e affettuoso al cardinale Giuseppe Betori, che ha retto dal 2008 l’arcidiocesi di Firenze per il generoso e importante contributo che ha offerto in questi lunghi anni sia come nostro metropolita, sia come presidente della Conferenza episcopale toscana: “In numerose occasioni il cardinale Betori è stato presente anche in mezzo a noi, nella nostra Diocesi, e ha accompagnato momenti importanti per la nostra comunità;molti lo ricordano, in particolare, accanto al Santo Padre Benedetto XVI, il 13 maggio 2012, in occasione della visita pastorale ad Arezzo e a Sansepolcro”. Il Vescovo Andrea è legato da particolari vincoli di amicizia con il cardinale Betori sin dal suo arrivo in Toscana nel 2015: “Sono grato al cardinale Betori per i segni di accoglienza che mi ha riservato quando dalla Lombardia sono arrivato in Toscana come Vescovo di San Miniato”.

Il vescovo Andrea ha voluto rivolgere anche un pensiero grato e affettuoso al cardinale Giuseppe Betori, che ha retto dal 2008 l’arcidiocesi di Firenze per il generoso e importante contributo che ha offerto in questi lunghi anni sia come nostro metropolita, sia come presidente della Conferenza episcopale toscana: “In numerose occasioni il cardinale Betori è stato presente anche in mezzo a noi, nella nostra Diocesi, e ha accompagnato momenti importanti per la nostra comunità; molti lo ricordano, in particolare, accanto al Santo Padre Benedetto XVI, il 13 maggio 2012, in occasione della visita pastorale ad Arezzo e a Sansepolcro”. Il Vescovo Andrea è legato da particolari vincoli di amicizia con il cardinale Betori sin dal suo arrivo in Toscana nel 2015: “Sono grato al cardinale Betori per i segni di accoglienza che mi ha riservato quando dalla Lombardia sono arrivato in Toscana come Vescovo di San Miniato”.

la peregrinatio dal 17 al 19 aprile fa tappa in Cattedrale

Ad Arezzo la reliquia del beato Livatino, giudice ucciso dalla mafia

Tanti gli eventi in programma tra mostre, concerti, incontri per le scuole e convegni con prestigiosi ospiti tra cui don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana

“Sub tutela Dei. Sotto la protezione di Dio”. È questo il titolo della mostra sul giudice Rosario Angelo Livatino, assassinato dalla mafia nel 1990 e proclamato beato nel 2021, che è possibile visitare fino al 23 aprile ad Arezzo nel Loggiato di San Donato. La mostra, presentata per la prima volta al Meeting di Rimini, nasce per far conoscere la figura attualissima del beato Livatino, ed è articolata su pannelli con foto e documenti in cui vengono rappresentati i vari momenti della vita del giovane magistrato, incluso il giorno dell’agguato e della sua uccisione. Il taglio del nastro dell’esposizione, realizzata in collaborazione tra Diocesi, Acli della provincia di Arezzo e Comunione e Liberazione di Arezzo, è stato effettuato dal vescovo Andrea Migliavacca.

“La peregrinatio delle reliquie del beato Livatino nella nostra diocesi – spiega il vescovo Andrea Migliavacca – è occasione per richiamarci sui temi della giustizia, dell’equità, della ricerca del bene comune e della testimonianza del Vangelo anche nella cosa pubblica. È un’importante testimonianza che vogliamo raccogliere soprattutto per i giovani e pensando a un mondo migliore”.

L’inaugurazione della mostra (modalità di accesso e orari nel volantino allegato) precede e accompagna la peregrinatio della reliquia del beato Rosario Angelo Livatino che verrà accolta dal 17 al 19 aprile nella Cattedrale di Arezzo. Il pensiero del giovane magistrato infatti oggi raggiunge scuole, parrocchie, enti grazie anche alla peregrinatio di una reliquia. La camicia che Livatino indossava il giorno del suo assassinio, consunta dal sangue del martirio, che per 32 anni è stata un reperto processuale conservato negli armadi blindati del Tribunale di Caltanissetta, chiesta in affidamento dalla Curia di Agrigento e conservata in una teca d’argento e che dal 19 settembre 2021 viaggia per l’Italia.

“Questa iniziativa è stata voluta per avvicinare la cittadinanza, specialmente i giovani, a una figura positiva del nostro tempo – dice il prof. Luca Vanni, direttore dell’Ufficio Scuola della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro -. Non è giusto chiamarlo eroe, ma una persona giusta, non solo perché amministrava la giustizia, ma perché lo faceva con equità, mosso da un grande senso civico. Una grande figura quindi dal punto di vista civile e della storia della Repubblica Italiana, ma anche dal punto di vista della fede. Diceva che il giudice giusto non può valutare solo l’errore, ma deve farsi guidare anche dal non svalutare mai la persona che si ha di fronte. Per evitare questo diceva che la fede gli era stata di grande aiuto. Per questo andava tutte le mattine alla Messa nella parrocchia vicina al tribunale. Lo faceva in incognito, senza dire chi fosse. lo stesso parroco scoprirà solo dopo la morte che si trattava del giudice Livatino”.

Il pellegrinaggio della reliquia in terra aretina prevede vari momenti liturgici e culturali (programma dettagliato in allegato). In particolare si segnalano il convegno di giovedì 18 aprile alle 10 nel Palazzo Vescovile dedicato al tema “La giustizia riparativa” che vede intervenire, dopo i saluti del vescovo Andrea Migliavacca e mons. Giuseppe Cumbo, Vicario Generale di Agrigento, Sebastiano Mignemi, presidente della Corte d’Assise di Catania, Linda Gambassi, Sostituto Procuratore della Procura della Repubblica di Pistoia, Maria Grazia Giampiccolo, Direttrice della Casa di reclusione a San Gimignano; il convegno è moderato da mons. Alessandro Conti, Vicario Generale della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Alle 16, in Seminario si svolgerà il convegno pensato soprattutto per gli insegnanti di religione dal titolo “Giustizia riparativa, ascolto….accoglienza” con interventi di don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, Marco Pappalardo, autore del libro “Non chiamatelo ragazzino”, Virginia Drago, studentessa di giurisprudenza e il canonico don Andrzej Zalewski, Rettore del Seminario di Arezzo; modera l’incontro Luca Vanni, direttore dell’Ufficio Scuola diocesano. Un terzo convegno si svolge venerdì 19 aprile alle 10 in Cattedrale ed è intitolato “Chiesa cristiana e contrasto alle mafie” con interventi di mons. Giuseppe Cumbo, Vicario Generale di Agrigento e don Andrea Bigalli, Referente regionale Libera Toscana.

 

 

 

Biografia Livatino (fonte: Arcidiocesi di Agrigento)

Nato a Canicattì (AG) il 3 ottobre 1952 e compiuti gli studi di giurisprudenza nell’Università di Palermo (1975), ha prestato inizialmente servizio come vicedirettore presso l’Ufficio del Registro di Agrigento (1977-1978). Entrato in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta (1978), ha ricoperto la carica di sostituto procuratore presso il Tribunale di Agrigento (1979-1989) e successivamente quella di giudice a latere.

Nell’esercizio della professione, come nella vita personale, ha incarnato la beatitudine di «quelli che
hanno fame e sete della giustizia»
 e che per essa «sono perseguitati» (Mt 5,6.10), mettendo pienamente a frutto il dettato conciliare sull’apostolato dei laici, sulla scorta dell’esperienza maturata in seno all’Azione Cattolica.
La preghiera costante e la quotidiana partecipazione al mistero eucaristico, insieme alla solida educazione cristiana ricevuta in famiglia e corroborata dalla meditazione assidua della Parola di Dio e del Magistero della Chiesa, hanno fatto di lui un autentico profeta della giustizia e un credibile testimone della fede, in un momento storico e in un contesto sociale tristemente segnati da una mentalità antievangelica e, sotto diversi aspetti, disumana e disumanizzante.

Con una coscienza profondamente libera dall’asservimento alle logiche umane e dai compromessi con i poteri forti di turno, caratterizzata da un’altissima levatura morale e da uno spiccato senso del dovere, si è consacrato “sub tutela Dei” a restituire dignità a un territorio ferito e offeso dalla mentalità e dalla prassi mafiose, annunciando il Vangelo attraverso la lotta all’ingiustizia, il contrasto della corruzione e la promozione del bene della persona e della comunità.
A pochi giorni dal suo trentottesimo compleanno, ha infine sigillato il suo prezioso ministero con il martirio, avvenuto il 21 settembre 1990 per mano di locali cosche mafiose, mentre si recava a svolgere il suo lavoro in tribunale.
Raccogliendo le molteplici attestazioni di santità a suo carico, il 19 luglio 2011 la Chiesa Agrigentina ha avviato il processo diocesano di beatificazione, che si è aperto ufficialmente il 21 settembre dello stesso anno nella chiesa di San Domenico in Canicattì e si è concluso il 6 settembre 2018. Dopo la solenne celebrazione di chiusura, che ha avuto luogo il successivo 3 ottobre nella Chiesa di Sant’Alfonso in Agrigento, gli atti del processo, integrati da un’inchiesta suppletiva, sono stati trasmessi alla Congregazione delle Cause dei Santi per i successivi adempimenti, che si sono finalmente conclusi con l’approvazione del Santo Padre, che in data 21 Dicembre 2020, ricevendo in udienza il Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione della Cause dei Santi ha autorizzato la Congregazione a promulgare il decreto che ne riconosce il martirio . Ad Agrigento l’annuncio è stato dato, Lunedì 22 dicembre alle ore 12, nella Basilica Cattedrale dall’arcivescovo metropolita Card. Francesco Motenegro e dall’arcivescovo coadiutore Mons. Alessandro Damiano, alla presenza dei direttori e collaboratori degli uffici e servizi della curia e una rappresentanza di autorità civili delle comunità di Canicattì e Agrigento.
Il Rito di Beatificazione ha avuto luogo nella Basilica Cattedrale di Agrigento il  9 maggio 2021, A presiedere la celebrazione eucaristica il Card. Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi e delegato pontificio. A concelebrare il Card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, il Card. Paolo Romeo, arcivescovo emerito di Palermo Mons. Alessandro Damiano arcivescovo coadiutore, Mons.Vincenzo Bertolone, Postulatore, arcivescovo di Catanzaro- Squillace e i Vescovi delle Chiese di Sicilia. (vedi)

 

In preparazione a questo evento diocesano sono disponibili per i catechisti materiali per i bambini delle scuole elementari e medie.


MATERIALE PER I CATECHISTI

SCUOLA PRIMARIA: attività sulla figura del Beato R. Livatino per i catechisti dei bambini di scuola primaria.

👉🏻Guida catechista elementari

👉🏻Rosario Livatino elementari

👉🏻Immagine elementari

👉🏻“Ti ringrazio, mio Signore” testo

👉🏻“Ti ringrazio, mio Signore” accordi

👉🏻 “Ti ringrazio, mio Signore” audio

SCUOLA MEDIA: attività sulla figura del Beato R. Livatino per i catechisti dei ragazzi di scuola media.

👉🏻Guida catechisti medie

👉🏻Rosario Livatino medie

👉🏻Stanza del tesoro

👉🏻Soluzione stanza del tesoro

👉🏻Scrigno classico

👉🏻Scrigno pop up

👉🏻“Perché la vostra gioia sia piena” testo

👉🏻“Perché la vostra gioia sia piena” accordi

👉🏻 “Perché la vostra gioia sia piena” audio

 


L’opera donata da Eleonora e Bruno Botticelli e Fabrizio Moretti, in ricordo dei genitori

La Trinità di Durante Alberti torna nel Duomo di Sansepolcro

Sarà accolta e presentata martedì 16 aprile nella basilica concattedrale di Sansepolcro la grande pala d’altare raffigurante la Trinità e i santi Andrea apostolo, Maria Maddalena e Cristina, realizzata da Durante Alberti tra 1575 e 1576. Come già annunciato lo scorso novembre, l’opera, già esposta al pubblico nel 2012 in occasione del millenario di fondazione della basilica, è stata donata alla concattedrale dagli attuali proprietari, Eleonora e Bruno Botticelli e Fabrizio Moretti, in ricordo dei loro genitori Veria e Franco Botticelli e Alfredo Moretti.

La pala d’altare (olio su tela, cm 373 x 192,5) rappresenta al meglio le qualità pittoriche di Durante Alberti, originario di Sansepolcro e appartenente a una vera e propria dinastia di artisti (suo padre era l’intagliatore Romano, detto Nero, suoi cugini i pittori e incisori Alessandro, Cherubino e Giovanni). Durante Alberti (Sansepolcro 1538 circa – Roma 1613), a lungo attivo a Roma e nel Lazio, dove si inserì fra le fila dei pittori incaricati di ornare gli altari nel periodo della Controriforma, eseguì opere di severa impostazione spirituale, dovuta in particolare alla frequentazione dell’ordine cappuccino, per il quale lavorò a più riprese. Nella Trinità e i santi Andrea apostolo, Maria Maddalena e Cristina, in cui le figure in primo piano si stagliano sullo sfondo di architetture classiche, si ravvisano inoltre influssi dai pittori veneti, filtrati attraverso atmosfere di stampo baroccesco. La grande pala, databile fra il 1575 e il 1576 sulla base di documenti recentemente rinvenuti presso l’Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro, fu realizzata per la cappella della famiglia Artini, o Aretini, addossata alla parete di sinistra dell’antica abbazia camaldolese, divenuta nel 1520 cattedrale della nuova diocesi di Sansepolcro. L’opera, ricordata nelle visite pastorali dal 1582, fu alienata dalla cattedrale nel 1859, durante un riallestimento della chiesa che comportò l’eliminazione di ben tredici altari. Entrò quindi a far parte della collezione della famiglia Lilloni Alberti, discendente dalla dinastia di artisti borghesi. A causa delle sue grandi dimensioni, all’epoca la tela era divisa in due frammenti, uno con la Trinità e l’altro con i Santi Andrea, Maria Maddalena e Cristina. I due frammenti furono acquistati a un’asta nel 2002 e correttamente restaurati e riuniti fra loro dagli attuali proprietari.

Con la donazione, i proprietari intendono risarcire la chiesa di una grave perdita subita in passato, commemorando così la memoria dei loro rispettivi genitori. “Questa donazione”, affermano Fabrizio Moretti e Bruno Botticelli, “oltre a legare la memoria dei nostri genitori alla restituzione di un’opera importante per la cattedrale di Sansepolcro, vuole essere un gesto significativo di affezione delle nostre famiglie nei confronti del patrimonio culturale del nostro paese, di distensione e positività per quei momenti difficili e di incomprensione tra il pubblico e il privato. È anche un gesto che suggella la nostra amicizia nata nella metà degli anni ’90 tra le pareti degli stand della mostra dell’Antiquariato di Assisi e arrivata fino ai nostri giorni. Abbiamo scelto questo momento particolare in cui ricopriamo due cariche importanti nel nostro settore, rispettivamente come Segretario Generale della BIAF e come Presidente degli Antiquari d’Italia”.

La sensibilità degli antiquari Botticelli e Moretti ha reso possibile questo ritorno dell’opera nel luogo per il quale fu realizzata e, sebbene l’assetto attuale non sia più quello cinquecentesco a motivo dei restauri architettonici degli anni 1934-43, nella chiesa l’opera sarà nuovamente accostata, dopo oltre un secolo e mezzo, a un altro raffinato dipinto eseguito da Durante Alberti e tuttora presente nella concattedrale, l’ancona raffigurante l’Adorazione dei pastori realizzata per la cappella Pichi. In tal modo è arricchito il patrimonio artistico della basilica, già cospicuo e impreziosito dalla presenza di opere quali il monumentale crocifisso ligneo detto Volto Santo(secc. IX/XIII), varie terracotte dei Della Robbia e pitture di Niccolò di Segna, Bartolomeo della Gatta, Pietro Perugino, Raffaellino del Colle, Iacopo Palma il Giovane, Santi di Tito, Federico Zoi e Romano Alberti.

A fare gli onori di casa, martedì pomeriggio, e a esprimere ai donatori la gratitudine dell’intera diocesi sarà il vescovo, mons. Andrea Migliavacca. Interverranno anche mons. Giancarlo Rapaccini, arciprete della concattedrale, Fabrizio Innocenti, sindaco di Sansepolcro, Serena Nocentini, direttrice dell’Ufficio diocesano beni culturali e arte sacra, e il dott. Andrea Di Lorenzo, storico dell’arte che illustrerà l’opera. La presentazione della pala d’altare avrà luogo alle ore 18.30. La giornata del vescovo a Sansepolcro si concluderà alle ore 21 con un incontro pubblico presso il Cinema Nuova Aurora.

𝗟𝗮 𝗗𝗲𝗽𝗼𝘀𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗥𝗼𝘀𝘀𝗼 𝗙𝗶𝗼𝗿𝗲𝗻𝘁𝗶𝗻𝗼 𝘁𝗼𝗿𝗻𝗮 𝗮 𝗦𝗮𝗻𝘀𝗲𝗽𝗼𝗹𝗰𝗿𝗼 𝗱𝗼𝗽𝗼 𝗶𝗹 𝗿𝗲𝘀𝘁𝗮𝘂𝗿𝗼

L’intervento realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure. Riqualificata anche la chiesa di San Lorenzo

Ha fatto ritorno a Sansepolcro la preziosa pala della Deposizione di Cristo, capolavoro cinquecentesco di Rosso Fiorentino, che aveva lasciato sette anni fa il capoluogo valtiberino per essere sottoposto a un importante restauro divenuto ormai improrogabile, affidato all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.

 

Com’è nato il restauro

Il progetto per il restauro della tavola di Rosso Fiorentino nasce in occasione della grande mostra “Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della ‘maniera’” ospitata nel 2014 a Palazzo Strozzi a Firenze. In tale occasione, la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro con la Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo facevano notare la grande sofferenza della pellicola pittorica. La principale criticità era dovuta ai numerosissimi sollevamenti diffusi sull’intera superficie, causati dall’estrema rigidità del supporto ligneo, rigidità dovuta a un precedente intervento di restauro, avvenuto probabilmente tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 dopo il terremoto che colpì Sansepolcro nel 1789. Infatti a seguito di questa calamità furono aggiunte cinque traverse in legno di pioppo avvitate sul supporto, che hanno ostacolato i naturali movimenti del legno, e le forze così scaturite si sono ripercosse sul fronte del dipinto creando i sollevamenti. Al termine della mostra l’opera fece ritorno a Sansepolcro nel 2015 e grazie alla disponibilità dell’Opificio delle Pietre Dure a far eseguire il restauro nei propri laboratori e alla volontà manifestata dall’Ufficio Beni Culturali della Diocesi, furono avviate dalla Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo le procedure tra le istituzioni coinvolte. Il 20 gennaio 2016 il delicato dipinto fu movimentato in sicurezza presso il laboratorio di restauro della Fortezza da Basso di Firenze.

 

Il restauro

Come consueto per l’Opificio l’intervento è stato preceduto da una diagnostica completa ed approfondita che ha permesso di conoscere tecniche esecutive e materiali presenti, tanto originali che di restauro.

In primo luogo si è intervenuti sulla struttura, con la rimozione meccanica dell’ammannitura e delle cinque traverse non originali. Dopo aver completato il risanamento del tavolato le due traverse originali sono state rifunzionalizzate mediante un sistema a molle che asseconda, controllandoli, i naturali movimenti del legno. Si è poi proceduto al restauro degli strati pittorici. Prima di poter effettuare la fermatura del colore è stata necessaria una prima pulitura degli spessi strati di vernice non originale. Conclusa la fermatura la pulitura, complessa e delicata, è stata condotta a più riprese: l’opera presentava molte patinature, ridipinture a coprire una superficie molto compromessa in quanto abrasa da puliture aggressive di antichi restauri (le abrasioni interessavano più di ¼ della superficie pittorica);erano presenti anche molte sgocciolature e ritocchi alterati. Le lacune, dovute per la maggior parte a pratiche devozionali, non erano fortunatamente di grandi dimensioni e comunque compromettevano parti figurative importanti. Su di esse, dopo aver effettuato la stuccatura e il ricollegamento materico della superficie, è stata eseguita l’integrazione cromatica mediante selezione, mentre le diffuse abrasioni sono state abbassate di tono mediante leggere velature.

Il restauro, le cui tempistiche sono state dettate oltre che dalla complessità dell’intervento anche e soprattutto dalla pandemia, si è concluso nel maggio 2023.

“Il complesso intervento di restauro ha permesso di restituire la completa leggibilità a un testo fondamentale nello svolgimento della pittura della prima Maniera italiana – spiega Sandra Rossi, Direttore del Settore di restauro dei dipinti mobili, Opificio delle Pietre Dure -. Le indagini sulla tecnica pittorica dell’artista ne hanno, infatti, rivelato l’espressività e la modernità fuori dal comune: una pennellata caratterizzata da un tratteggio incrociato continuamente spezzato, quasi grafico. Sono emersi, inoltre, interessanti dettagli operativi come l’utilizzo della tecnica detta ‘al risparmio’ che, lasciando intenzionalmente a vista il fondo cromatico bruno, lo rende elemento figurativo. Il restauro ha, infine, svelato commoventi dettagli, come la presenza di una piccola margherita in primo piano, da tempo non più visibili a causa delle precarie condizioni di conservazione della pellicola pittorica”.

“È un momento di grande soddisfazione – dice mons. Andrea Migliavacca, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro – il ritorno a Sansepolcro della Deposizione di Cristo di Rosso Fiorentino perché è il frutto di un lavoro in sinergia di diversi enti, in particolare l’Opificio delle Pietre Dure, la Soprintendenza, il Comune di Sansepolcro, la Diocesi, la parrocchia, l’associazionismo e tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita di questo evento e di questo recupero. È motivo di soddisfazione e anche significativo perché viene ricollocato in prossimità della Settimana Santa che ci prepara a vivere il mistero di Cristo morto e risorto. Questo dipinto presentandoci proprio la deposizione di Cristo è un grande invito a riscoprire la bellezza dell’arte nella nostra Diocesi e insieme a viverla come proposta di meditazione”.

“Sansepolcro – dice Emanuela Daffra, Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure – nonostante le perdite subite nel corso del tempo, ha ancora la fortuna di custodire uno straordinario patrimonio di opere d’arte collocate nei luoghi per le quali furono pensate. Non è scontato e spiega la particolare soddisfazione nel vedere nuovamente la tavola di Rosso all’interno della sua cornice settecentesca, a suggello di una collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure ormai ‘storica’ per continuità e qualità di risultati, come mostrano i casi pierfrancescani del Polittico della Misericordia e dellaResurrezione”.

“Questo episodio – commenta Gabriele Nannetti, Soprintendente alle Belle Arti, Archeologia e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo è la conferma di un modello virtuoso di interazione tra gli uffici della diocesi e quelli del Ministero della cultura, sia per quanto riguarda la Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo, ma anche per quanto riguarda l’Opificio delle Pietre Dure che opera su tutto il territorio nazionale e che ha sede a Firenze, il risultato si è raggiunto anche grazie a un percorso condiviso e accompagnato in tutte le sue fasi”.

 

Altri lavori

Già nel 2022, grazie al contributo dei fondi 8×1000 della Conferenza Episcopale Italiana la Diocesi aveva investito circa 7mila euro nella chiesa di San Lorenzo in Sansepolcro – la sede dove è custodito da secoli – per la realizzazione di un moderno impianto antintrusione e di videosorveglianza di ultima generazione. Contestualmente, per completare le verifiche sulla sicurezza della chiesa – dove l’opera avrebbe fatto ritorno – veniva fatta istanza all’Opificio delle Pietre Dure per la collaborazione con il Laboratorio di Climatologia e Conservazione preventiva; il laboratorio installava tre sonde per la rilevazione e la registrazione dei parametri termoigrometrici nell’arco dei dodici mesi.

“Le mostre d’arte quando sono di alto valore scientifico diventano iniziative molto importanti – dice Serena Nocentini, dell’Ufficio diocesano per i Beni Culturali -. Esse sono da considerare grandi eventi anche per la vita culturale della Diocesi e non solo della comunità civile. Proprio in occasione della mostra ospitata a Palazzo Strozzi e in sinergia con la nostra Soprintendenza, è nata questa prestigiosa collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure. Grazie alla loro dedizione e all’altrettanta maestria è stato permesso di restituire alla comunità la bellezza e la forza espressiva di questa inestimabile opera. La Deposizione di Rosso Fiorentino è tra i capolavori più ammirati e studiati nella nostra Diocesi, ma prima di tutto usando le parole di san Giovanni Paolo II in merito all’arte sacra ‘è esperienza di universalità. Non può essere solo oggetto o mezzo. È parola primitiva, nel senso che viene prima e sta al fondo di ogni altra parola’. E proprio per questo, la nostra più grande gioia è che l’opera sia tornata nella sua chiesa originaria, perché quando vi sono le condizioni, le opere sacre devono restare nel loro contesto”.

 

Il pavimento e la cornice

Nel frattempo, in molti, a Sansepolcro, si erano fatti portavoce dell’esigenza di intervenire sul pavimento della chiesa, realizzato negli anni ’60 con piastrelle in ceramica blu. Per assecondare questa richiesta, la Diocesi si è attivata per la progettazione e per richiesta di autorizzazione presso la Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo per l’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio, del nuovo pavimento in cotto, il cui costo, 36.300 euro, è stato coperto per tre quarti con le risorse rinvenienti dagli oneri di urbanizzazione destinati agli edifici di culto e, per la quota rimanente, circa 8mila euro, attraverso iniziative di auto finanziamento di cui si è fatta promotrice la parrocchia del Duomo di Sansepolcro e alcune associazioni cittadine (Compagnia Artisti e Vivere a Sansepolcro, Rotary Club Sansepolcro, Lions Club Sansepolcro, Caserma Archeologica, Amici del Poliedro, Associazione Campanari, Gruppo Lunedì d’Estate, Gruppo Cavalieri del Trebbio, Teatro Popolare, Volontariato San Lorenzo, Gruppo Filarmonica e alcuni privati). I lavori sono stati diretti dall’architetto Andrea Mariottini con la collaborazione di David Tripponcini e realizzati dall’impesa Stema di Nako Nasi. Sono state utilizzate pianelle delle Badie di Montefioralle lavorate artigianalmente acquistate dalla ditta Giorni Aldo che si ringrazia per la sponsorizzazione tecnica. Inoltre, con l’autorizzazione della Soprintendenza, e sempre con il contributo della comunità locale è stata eseguita, a opera di Rossana Parigi, la manutenzione della cornice e delle decorazioni in gesso dell’altare maggiore che racchiude la Pala di Rosso Fiorentino.

“Finalmente si riapriranno le porte dell’antica chiesa di San Lorenzo – dice mons. Giancarlo Rapaccini, parroco della Concattedrale di Sansepolcro -. I cittadini e i turisti potranno finalmente ammirare il nuovo pavimento in cotto artigianale dell’Impruneta e soprattutto estasiarsi dinanzi al meraviglioso dipinto della Deposizione di Cristo. Un’opera di straordinario valore artistico restaurata dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Un ritorno attesissimo da tutti i biturgensi. È stato emozionante vedere come tante associazioni della città si sono adoperate per reperire i fondi necessari per ridare una degna collocazione al dipinto. La parrocchia, e io personalmente, ci siamo fatti promotori di tale iniziativa senza trovare resistenza. È stato bello lavorare così, tutti insieme, per arricchire la nostra città. Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno contribuito, con la speranza di continuare per altri interventi. Chi viene a Sansepolcro, città di Piero della Francesca, deve riempirsi gli occhi di bellezza. E ripartire con il proposito di ritornare”.

 

La nuova illuminazione

Grazie al fondamentale contributo dell’Amministrazione comunale di Sansepolcro si è provveduto al rifacimento dell’illuminazione; quest’ultima, difatti, per quanto risalente a non molti anni fa, si era dimostrata inadatta per l’adeguata lettura del dipinto: si è così costituito un tavolo tecnico tra Diocesi, Parrocchia e Amministrazione comunale per predisporre il nuovo sistema illuminotecnico affidato alla ditta Opera.

“Il ritorno dell’opera rappresenta un grande evento per l’Amministrazione comunale e per l’intera comunità – dichiara Fabrizio Innocenti, sindaco di Sansepolcro -. Si tratta indubbiamente di una splendida realtà, quella di poter nuovamente ammirare l’opera di Rosso Fiorentino alle nostre latitudini dopo il delicato intervento di restauro che l’ha riguardata. Colgo l’occasione per ringraziare la Diocesi, il costante impegno di monsignor Giancarlo Rapaccini, il generoso contributo delle associazioni cittadine. Anche il Comune ha fatto la sua parte, destinando la somma di 15mila euro per la corretta illuminazione del dipinto. La Deposizione di Rosso Fiorentino sarà così nuovamente fruibile in tutta la sua bellezza e nel suo fascino evocativo, un arricchimento ulteriore al prezioso patrimonio artistico che custodiamo in città e che fa parte del nostro Museo diffuso”.

 

Notizie storiche

La Deposizione di Sansepolcro è tra i capolavori di Giovan Battista di Jacopo, detto il Rosso Fiorentino (Firenze, 8 marzo 1494 – Fontainebleau, 14 novembre 1540). L’opera fu eseguita a Sansepolcro dove l’artista, fuggito nel 1527 dal Sacco di Roma, aveva trovato rifugio. Secondo il celebre biografo delle Vite, Giorgio Vasari, egli ricevette questa preziosa occasione di lavoro alla generosa rinuncia del pittore biturgense Raffaellino del Colle che, in un primo tempo, aveva ricevuto l’incarico per il dipinto dalla Compagnia di Santa Croce “acciò che in quella città rimanesse qualche reliquia di suo”; ma anche grazie alle raccomandazioni del vescovo Leonardo Tornabuoni, cui il pittore era legato da vincoli professionali e di amicizia. Il Rosso aveva già rappresentato il tema della Deposizione nella bella tavola di Volterra (1521), ma la critica riconosce nell’esemplare di Sansepolcro una più cupa drammaticità che lo spinge a ricorrere perfino al grottesco, come nella mostruosa figura a lato della scala. Siamo di fronte a un’opera di eccezionale forza espressiva, che rivela una religiosità personale intensa, segnata dalla nascente Controriforma e dalla gravità dei tempi, che vedono la stessa Roma in balìa delle milizie e delle bande dei regnanti; nonché a un esempio tra i più illustri del legame con Roma – e dunque degli esempi figurativi moderni quali le opere ultime di Raffaello e della sua scuola, o la potenza cromatica e le torniture poderose degli affreschi della Sistina realizzati da Michelangelo – dei territori della Valtiberina.


Al seguente link è possibile scaricare immagini e ulteriore materiale.

Ufficio Stampa Opificio delle Pietre Dure:
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
tel. +39. 049.663499
simone@studioesseci.net (rif. Simone Raddi)

Ufficio Stampa Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro:
Luca Primavera
ufficiostampa@diocesi.arezzo.it

Diocesi e Soprintendenza inaugurano il restauro della chiesa di Santa Maria in Gradi

È stato inaugurato oggi il restauro della chiesa di Santa Maria in Gradi in Arezzo, che torna ad essere aperta al culto, dopo la chiusura avvenuta nel dicembre 2022 per consentire i lavori. L’intervento è consistito nella riduzione del rischio sismico di cui al DPCM 09.02.2011, con contestuale intervento di consolidamento strutturale e restauro architettonico. Lavori realizzati con finanziamenti ottenuti dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo, assieme ad altri quattordici beni suddivisi nel territorio di competenza, grazie al riparto del fondo di cui all’art. 1 comma 140 della Legge 11 dicembre 2016 n. 232 e a fondi propri della diocesi.

Nel 2013 la Soprintendenza diresse un importante intervento di restauro conservativo dell’intera facciata della chiesa (Responsabile unico del procedimento Arch. Mauro Abatucci e Direttore dei lavori Arch. Donatello Grifo). In questa occasione venne verificata una forte criticità strutturale: la facciata presenta infatti un vistoso fuori piombo nella parte centrale, tanto da creare un arco con le spalle in corrispondenza dei tiranti. Nel 2020, per permettere una progettazione puntuale degli interventi sono state così realizzate dalla Ditta Etruria Sicurezza Srl di Monte San Savino una scala di accesso lungo i vari livelli della torre campanaria, una passerella leggera in legno per l’intera lunghezza del sottotetto e una linea vita interna parallela alla passerella per ispezionare i vari ambienti debitamente imbracati. Opere pensate per essere mantenute anche al termine dei lavori in modo da garantire l’ispezione futura in sicurezza.

Nel gennaio 2021 vengono affidati i servizi di ingegneria e architettura per esecuzione dei rilievi, l’analisi di vulnerabilità comprensiva delle indagini occorrenti, la progettazione esecutiva oltre al coordinamento per la sicurezza. L’incarico viene affidato al RTP capogruppo Ing. Carlo Romboli, Arch. Ludovico Romboli, Ing. Michele Romolini e Geol. Nicola D’Ubaldo.

Nel mese di luglio 2022, vengono consegnati i lavori alla ditta l’Impresa LaDueBC Srl di Città di Castello grazie a uno stanziamento di 300.000 euro da parte del Ministero. I lavori, il cui Responsabile del procedimento l’Arch. Massimo Bucci, e il Direttore dei lavori l’arch. Federico Salvini, entrambi funzionari SABAP, sono articolati in due stralci.

I lavori effettuati in copertura, divisi in tre successivi step, mirano alla riduzione del rischio sismico e alla salvaguardia del bene in caso di terremoto e prevenire possibili danni. Il nuovo sistema resistente di carpenterie metalliche, rendono la struttura maggiormente capace di resistere alle sollecitazioni orizzontali indotte dall’azione sismica. Queste inoltre esaltano un favorevole comportamento scatolare dell’immobile riducendo la possibilità di sbandamento e ribaltamento fuori dal piano delle murature. Va sottolineato come il complesso delle opere è stato pensato quasi interamente a secco, rispettando uno dei criteri cardine nell’azione di tutela del patrimonio culturale ovvero quello della reversibilità e del minimo intervento. Allo stesso tempo è stato effettuato l’ancoraggio al di sotto del cassettonato ligneo di una rete di protezione anticaduta sull’intera superficie dell’aula e al di sopra del cassettonato sono stati montati ulteriori cavalletti in acciaio su cui poggiare un piano di lavoro stabile. Interventi mantenuti in opera al fine di permettere il proseguo dei lavori previsti nel secondo stralcio e le future manutenzioni al sottotetto.

L’altro obiettivo è stato quello di creare un piano rigido di ripartizione degli sforzi indotti dal ribaltamento della facciata verso l’esterno a piena trattenuta della stessa. Il successivo passo da compiere, con richiesta di ulteriore finanziamento, è quello di risolvere definitivamente tale criticità strutturale. La Soprintendenza sta provvedendo nella programmazione triennale dei propri interventi a richiedere nuovi ulteriori fondi per completare anche il secondo stralcio di opere.

Per insufficienza del finanziamento a coprire le variazioni intervenute in cantiere e non prevedibili in sede progettuale, registrate in perizia di variante autorizzata, per il completamento del terzo e ultimo step è intervenuta direttamente la Diocesi, a sostegno della parrocchia, quale proprietaria del bene, con una cifra complessiva di 80.000 euro.

La Soprintendenza in collaborazione con l’Ordine degli Architetti della provincia di Arezzo ha organizzato, ai fini della divulgazione scientifica dei propri lavori di restauro, un convegno ove saranno descritti nel dettaglio gli interventi eseguiti e le finalità raggiunte in programma mercoledì 27 marzo alle 14.30 presso il salone della sede aretina della Soprintendenza in via Ricasoli 1.

“Sono contento della riapertura della chiesa di Santa Maria in Gradi, per me è la prima volta che ho occasione di visitarla – dice il vescovo Andrea Migliavacca –. Oggi si inaugura questo importante intervento di riqualificazione reso possibile grazie all’impegno economico del Ministero, per il quale siamo molto grati, ma anche grazie all’intervento economico della diocesi che ha consentito di portare a termine il lavoro prospettato. Auspichiamo che il recupero di questa bella chiesa possa essere messo al servizio della pastorale della vita della città sempre più attiva e partecipata”.

“Si tratta di un intervento importante perché ha ridotto in maniera sostanziale le criticità strutturali dell’edificio attraverso un consolidamento statico e il miglioramento sismico – spiega Gabriele Nannetti, Soprintendente alle Belle Arti, Archeologia e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo per le province di Siena, Grosseto e Arezzo -. Un intervento portato avanti in una stagione molto complicata dovuta all’emergenzasanitaria prima, ma reso possibile grazie anche al lavoro di squadra con la diocesi. Interventi di questo tipo sono onerosi e complessi, hanno poca visibilità, ma sono fondamentali. Nell’intervenire il primo aspetto preso in considerazione è stato quello di mettere in sicurezza le opere arte che hanno continuato a vivere all’interno della chiesa in piena sicurezza e che oggi restituiamo alla città”.

La chiesa di Santa Maria in Gradi sorge nel lugo dove esisteva un monastero camaldolese dipendente dalla Badia di Agnano fin dal 1043 che comprendeva un‘antica chiesa romanica, costruita verosimilmente tra XI e XII secolo, che doveva essere piuttosto piccola e con un andamento trasversale rispetto all’attuale e della quale rimane la cripta. Nel 1591 i camaldolesi decisero di costruire la chiesa attuale, su disegno di Bartolomeo Ammannati, terminata nel 1611. La decorazione dell’interno e delle sue cappelle fu completata nel corso del Seicento fino alla realizzazione del soffitto ligneo nel 1711.

Tra e opere al suo interno si ricordano una pregevole tela con Sant’Andrea Zoerandro e Carlo Borromeo, opera di Vincenzo Dandini del 1658, mentre al secondo altare è posta la Madonna Assunta tra santi di Bernardino Santini, del 1633. L’organo di Antonio del Corno, del 1630, sormonta il terzo altare sinistro dedicato a San Bonifazio ed ornato da tele di Bernardino Santini, del 1632: al centro vi è la Crocifissione con San Pietro e San Bernardo ed ai lati San Pietro benedicente a destra ed un Santo vescovo a destra. Al primo altare a sinistra si trova la Madonna della Misericordia detta anche dei cocci realizzata da Andrea della Robbia alla fine del Quattrocento per la famiglia Carbonati, della quale è lo stemma.

Sotto la chiesa è presente una cripta romanica dell’XI secolo, che conserva un Crocifisso ligneo detto “Della tomba”, da datarsi tra la fine XIII e l’inizio del XIV secolo, al centro di sentita devozione popolare.

Nella chiesa è presente anche il cosiddetto “Pozzo di san Donato”.

 

La diocesi in festa per la Madonna del Conforto

Grande festa ad Arezzo per la solennità della Madonna del Conforto, caratterizzata da una processione ininterrotta di migliaia di fedeli che sin dalle prime ore del mattino e alla tarda notte hanno affollato la Cattedrale di Arezzo.  La Messa pontificale delle 10.30 è stata presieduta da mons. Mario Delpini, arcivescovo metropolita di Milano, ed è stata concelebrata dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo emerito di Perugia-Città della Pieve, dal cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo metropolita di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana, oltre che al vescovo diocesano mons. Andrea Migliavacca, da mons. Franco Agostinelli, emerito di Prato, Rodolfo Cetoloni, emerito di Grosseto, Roberto Filippini, emerito di Pescia, arcivescovo Riccardo Fontana, emerito di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Luciano Giovannetti, emerito di Fiesole, e Stefano Manetti, vescovo di Fiesole. Presente anche il cardinale Ernest Simoni, della Diaconia di Santa Maria della Scala. “Oggi mi permetto di salutare in modo speciale un martire vivente, il cardinale Simoni” è stato il saluto speciale con cui Papa Francesco si è rivolto al porporato, prima di abbracciarlo fraternamente al termine dell’udienza di ieri, 14 febbraio, Mercoledì delle Ceneri. “Lui, da prete e vescovo, ha vissuto 28 anni in carcere, il carcere comunista dell’Albania, che forse è una delle persecuzioni più crudeli”, ha proseguito Francesco: “E continua a dare testimonianza. E come lui, tanti, tanti, tanti. Adesso ha 95 anni e continua a lavorare per la Chiesa, senza scoraggiarsi. Caro fratello, ti ringrazio per la testimonianza!”

“Nel paese delle feste fallite i preparativi si svolgono in un clima di grande entusiasmo, si esercitano molte competenze, si dispone di molte risorse, si ascoltano consigli di organizzatori competenti – ha detto l’arcivescovo Mario Delpini nella sua omelia -. Poi viene il momento della festa e la festa finisce in un fallimento. Ne seguono amarezza, risentimenti, sensi di colpa e accuse reciproche. Nel paese delle feste fallite c’è sempre un vino che viene a mancare al momento in cui è più necessario, che la festa sia un matrimonio che si frantuma, una carriera che si spezza, un amore che delude. Ecco da dove veniamo, dal paese delle feste fallite”. Di qui l’invito a seguire la parola di Gesù e imitare il suo esempio: “Come lui è venuto in mezzo a noi non per essere servito, ma per servire, voi mettetevi a servizio, lavate io piedi gli uni agli altri, lasciatevi invadere dalla compassione per la gente smarrita, la gente ferita, la gente disperata e annunciate la buona notizia, l’evangelo della salvezza. Mettetevi a servizio, versate olio sulle piaghe, spezzate il pane con l’affamato. Non pensate alla vostra festa, ma alla festa degli altri. Vedrete moltiplicarsi la gioia se vi prenderete cura della gioia degli altri. Ecco dunque il messaggio della Madonna del Conforto: Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”.

Il vescovo Andrea Migliavacca, ha partecipato con gioia alla grande festa di popolo e nel pomeriggio ha presieduto la Messa solenne delle 18, animata dal coro della cappella Musicale della Cattedrale diretta dal maestro Cesare Ganganelli, con all’organo il maestro Eugenio Maria Fagiani.

“Oggi – ha detto il vescovo diocesano Andrea Migliavacca nel suo saluto iniziale alla liturgia – in tanti siamo qui, tanti verranno a venerare e pregare Maria e vogliamo portare qui non solo le preghiere nostre, ma quelle di tutto il mondo e soprattutto la preghiera di chi più soffre e di chi invoca il dono della pace per tutta la terra e soprattutto per la martoriata Ucraina e per la Palestina e Israele. Siamo qui – ha aggiunto il Presule – per la festa della Madonna del Conforto. Mi pare di sentire che lei per prima ci aspettava per accogliere tutte le nostre domande, le nostre preghiere, le nostre attese, ascoltando anche angosce e preoccupazioni, attese e speranza. Lei, la Madre, sa ascoltare e custodire nel cuore. Lei potrà portare a Gesù le nostre preghiere. Lei potrà donare a tutti noi, alla nostra città di Arezzo e a tutta la diocesi aretina, cortonese, biturgense il conforto di cui abbiamo bisogno”.

“La nostra Madonna del Conforto veglia veramente sulla città di Arezzo e su tutta la nostra diocesi – ha detto a margine delle celebrazioni il vescovo Andrea Migliavacca -. La partecipazione dei fedeli alla festa è il segno che la gente lo sa e si accorge dello sguardo di protezione di Maria, alla quale oggi ci affidiamo nuovamente. Non possiamo misurare la fede e la devozione delle persone, ma certamente colgo e sento, anche nel dialogo con la gente, che l’andare a pregare la Madonna del Conforto non è solo un atto devozionale, ma un andare con il cuore, verità, autenticità e desiderio di affidamento. Sono ammirato e grato al Signore per la preghiera che la nostra gente vive in questa giornata”.

Una grande festa della fede resa possibile grazie al prezioso servizio di centinaia di volontari dell’associazionismo che a vario titolo hanno reso possibile l’apertura della Cattedrale, il decoro, la sicurezza e aiutato i pellegrini a vivere in un clima di raccoglimento i numerosi momenti di preghiera e le liturgie e che ha visto uno straordinario impegno dell’emittente comunitaria della diocesi Tsd, culminato in circa sei ore di diretta dedicate alle principali celebrazioni.


Lutto in Diocesi

Domenica 04 febbraio il rev.do don Candido Milaneschi è stato chiamato alla Casa del Padre.
Nato il 02 febbraio 1935 a Talla (Arezzo), ordinato sacerdote il 26/06/1960, è stato parroco per 14 anni di San Clemente in Valle, Anciolina e La Trappola nel Comune di Loro Ciuffenna.

Nel 1974 si trasferisce fuori Diocesi e inizia il suo servizio pastorale a Pescia.

Lunedì 05 febbraio, la salma sarà esposta dalle 12:00 alle 20:00 nella Cattedrale di Pescia dove alle ore 21:00 si svolgerà la Veglia funebre.

Le Esequie saranno celebrate MERCOLEDÌ 07 FEBBRAIO alle ore 10:30 nella Chiesa Cattedrale di Pescia.

L’intervento grazie a un contributo di ANCos in collaborazione con Confartigianato Imprese Arezzo e dell’azienda Graziella Holding

Inaugurato il restauro del portale meridionale e del portone ligneo della Cattedrale

È stato inaugurato il restauro del portale meridionale della Cattedrale dei Santi Pietro e Donato, il più antico e simbolico del Duomo di Arezzo, che purtroppo a causa del materiale effimero (arenaria), della vetustà e degli agenti atmosferici, si stava irrimediabilmente sgretolando. L’intervento, iniziato a settembre 2023 e concluso a dicembre 2023, ha cercato di arrestare il processo di degrado e valorizzare quanto ancora si conservava ed è stato possibile grazie alla sensibilità dell’Associazione Nazionale Comunità Sociali e Sportive (ANCos) Aps in collaborazione con Confartigianato Imprese Arezzo. Il lavoro, autorizzato e seguito sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio di Siena Grosseto e Arezzo, è stato eseguito da restauratori qualificati per il lapideo e gli affreschi, si tratta di Sandro Ceccolini, Matteo Nardella e Luca Russi.

Nell’occasione è stato restaurato anche l’imponente e antico portone ligneo – riferibile al XVII secolo – dalla ditta Antica Maniera di Marco Santi, grazie al fondamentale contributo di Graziella Holding.

“L’antico e maestoso portale della nostra Cattedrale si stava irrimediabilmente sbriciolando – spiega Serena Nocentini, direttrice dell’Ufficio diocesano per i Beni Culturali e l’Arte Sacra – così come il pregevole portone ligneo era ormai inaridito. Ed è per questo che voglio ringraziare la particolare sensibilità di ANCos, Confartigianato Imprese Arezzo e di Graziella Holding, i quali contributi hanno permesso questi delicati e improcrastinabili interventi di restauro. Sul gruppo scultoreo in malta di cocciopesto – una tecnica particolare e di tali dimensioni unico esemplare in Italia – sono emerse tracce di policromia e di rifiniture in oro. Con ogni probabilità, in antico, le sculture dovevano apparire come preziose e raffinate opere di oreficeria, ornate di pietre e vetri colorati. Di particolare interesse il volto del beato Gregorio X Papa, morto ad Arezzo nel 1276 (grazie al suo lascito s’iniziò la costruzione della nuova Cattedrale intramoenia), le cui fattezze furono attentamente studiate e diligentemente modellate dall’anonimo scultore”.

“Abbiamo ricevuto la segnalazione della possibilità di intervenire da parte del comitato provinciale di Arezzo di ANCos guidato da Angiolo Galletti e abbiamo deciso di sostenere questo progetto convintamente – spiega Bernardetta Cannas della segreteria nazionale ANCos Aps -. Si rischiava di perdere irrimediabilmente un’importante parte della memoria storica di Arezzo, la storia del Duomo è la storia della città e ci pareva giusto intervenire. Una chiesa, per chi crede è legata a un bene superiore, per chi non crede rappresenta comunque un’opera d’arte che va mantenuta”.

“La scelta di sostenere il restauro – spiega Eleonora Gori in rappresentanza di Graziella Holding – ha trovato la piena approvazione di tutta la nostra holding, a partire proprio dal presidente onorario Graziella Buoncompagni che in passato, passando davanti al portone e notandone le condizioni, aveva già evidenziato la necessità di un intervento. La valorizzazione, la cura e la tutela del bello sono tra le finalità del nostro agire quotidiano e la Cattedrale è tra le massime espressioni del bello della nostra città, dunque siamo orgogliosi di aver contribuito a un progetto che donerà nuova luce alla fiancata meridionale del Duomo”.

“Con soddisfazione – afferma il vescovo Andrea Migliavacca – arriviamo a questa giornata con l’inaugurazione del portale e del portone del Duomo, memoria storica e segno di ricchezza artistica e anche di religiosità della nostra terra. È compito nostro quello di conservare, custodire e mostrare il bello che la storia religiosa e l’arte della nostra Cattedrale ancora oggi possono raccontare, con tanta gratitudine per tutti coloro che hanno reso possibile questo intervento”.

Il fianco sud della Cattedrale di Arezzo è caratterizzato dal maestoso portale in pietra arenaria impostato su un ampio arco a tutto sesto. Il vero portale, il più antico del Duomo aretino, voluto dal vescovo Guido Tarlati (1321-1327), fu realizzato tra il 1325 e il 1327 con probabili riferimenti stilistici e strutturali al portale maggiore del Palazzo dei Priori di Perugia e pertanto lo si attribuisce a maestranze umbre. Nei pilastri frontali sono scolpite, in bassorilievo le Allegorie dei Vizi (a sinistra) e delle Virtù (a destra). Iniziando dal pilastro di sinistra, dal basso, un Santo vescovo (forse Satiro, primo vescovo dell’antica diocesi aretina), l’Ingiustizia, l’Incostanza, l’Ira, la Stoltezza, la Disperazione, l’Invidia e l’Idolatria. Sul pilastro di destra, iniziando sempre dal basso, san Donato, la Giustizia, la Mansuetudine, la Fortezza, la Prudenza, la Speranza, la Carità e la Fede. Ciò che però attrae maggiormente lo sguardo è il gruppo di figure realizzate in stucco in malta di cocciopesto: a grandezza naturale due angeli che reggono il drappo alla figura centrale, la Madonna del latte. Maria, collocata all’apice del portale, fa riferimento alla sua verginità ma soprattutto alla sua maternità che sconfiggendo i vizi ed elevando le sue virtù, apre al Figlio di Dio il cammino nel mondo. Ancora oggi, il pellegrino che varca la porta della Cattedrale aretina potrà cogliere questo importante messaggio: solo con la virtù si conciliano i vizi, si ricompone l’anima e le si dà pace.

La Madonna è seduta in trono e affiancata a sinistra, dal vescovo patrono Donato, e a destra da papa Gregorio X. Nel timpano, sopra il gruppo scultoreo, nel 1648 l’aretino Salvi Castellucci dipinse ad affresco Dio Padre che crea il mondo.

Lutto in Diocesi

Domenica 7 gennaio 2024 il caro Don Mario Casini , parroco di S.Biagio a Ciggiano e Santi Tiburzio e Susanna a Gargonza, è stato chiamato alla casa del Padre.
Il funerale sarà celebrato lunedì 8 gennaio alle ore 15.00 nella Chiesa parrocchiale di Ciggiano.

Ai presbiteri si ricorda per la Celebrazione di portare camice e stola viola.

I Vicari Zonali e i Vicari Foranei sono pregati di comunicare la notizia ai confratelli.