Omelia dell’Arcivescovo per l’Ordinazione diaconale di Aldo

Aldo-Manzetti
Cari Fratelli,
Il nostro Aldo sceglie oggi di dedicare tutta la sua vita al Signore nel servizio della Chiesa. Il popolo di Dio  gli fa corona, con la trepidazione e il rispetto che merita ogni scelta d’amore.
1. Scegliere per il Regno di Dio
Nella Chiesa il sacro Ministero è affidato a chi si compromette per il Regno dei Cieli; si chiede, a chi si avvia al sacerdozio, di anticipare il Regno con una piena offerta di sé e un impegno fortissimo, a suggello della consacrazione battesimale.
Caro Aldo, nell’affidarti il ministero della Parola, la Chiesa tra poco ti esorterà con un’antica logica: “Credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”[1].
Cari amici, Questo giovane uomo che abbiamo imparato a stimare negli anni, ha lasciato un lavoro promettente e accettato, in umiltà e obbedienza, di avviare un percorso formativo con i più giovani; ha già detto con i fatti la serietà con cui vuole dedicarsi totalmente al Signore.

Nel celibato che promette di fronte alla grande assemblea sceglie oggi di avere per figli i poveri, i diseredati, chi ha fame e sete della giustizia, quanti – giovani o carichi d’anni – cercano il senso della vita.
La missione di tutti i battezzati è di cooperare al disegno di Dio Padre, il quale vuole “che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità”[2].
Ogni sacro ministro, ponendosi al servizio della Chiesa, che è chiamata “Gerusalemme celeste” e “madre nostra”, “sposa immacolata dell’Agnello Immacolato”, si impegna a dedicarsi con entusiasmo a questa triplice dimensione della Santa Qaal.
Mentre camminiamo operosi dentro la storia, sappiamo che la nostra patria è nei cieli. Come insegna Sant’Agostino, attraversiamo le vicende del tempo, per dare il nostro contributo alla città dell’uomo, consapevoli che siamo viatores, pellegrini di passaggio, capaci di apprezzare e considerare la locanda che ci ospita, ma pur sempre intenzionati ad andare altrove.
Figlio carissimo, se vuoi metterti al servizio di Dio impara ogni giorno a considerare la Chiesa come “nostra madre”[3]: cioè ad amarla con l’amore che Gesù ha per lei. Se hai lo spirito di profezia, fai in modo che comprenda e risponda alle esigenze del tempo presente, senza perdere la sua identità radicata sul Vangelo, cioè la santità. Considerare gli altri, anche quelli che hanno idee diverse dalle tue, come fratelli che vanno comunque rispettati. L’Apocalisse ci invita a considerare la Chiesa come la “sposa immacolata dell’Agnello Immacolato”[4], ad avere comunque rispetto e considerazione per la sponsa Christi, cioè a cogliere che il mistero del popolo di Dio è l’Amore, le infinite storie d’amore che si intrecciano con la tua: i missionari a rischio della vita nelle marginalità del mondo, i preti santi come don Puglisi che a giorni sarà Beato, i valorosi nostri parroci d’Arezzo, Cortona e Sansepolcro che, novelli curati d’Ars, hanno servito Dio e il suo popolo, trasmettendo la fede.
Siamo la Chiesa di San Donato: la nostra identità è bene espressa dalla preghiera francescana: “È dando, che si riceve; perdonando che si è perdonati; morendo, che si risuscita a vita eterna”[5].

2. Testimoni della fede
La beatitudine che Gesù proclama a Tommaso nel Vangelo di Giovanni che da secoli si proclama in questa ottava di Pasqua[6], ci coinvolge. Non c’è fede senza fidarci di Gesù, senza prendere per vera la sua Parola, senza avviare un percorso interiore di crescita, che ci liberi dal riferirci sempre a noi stessi, ai nostri bisogni, alla ricerca di felicità, quasi che il Signore della storia, che provvede ai “gigli del campo”[7] non fosse in grado di provvedere a noi.
Quest’oggi, in albis habitis depositis, cioè nell’Ottava di Pasqua, quando i nuovi battezzati nella notte di Pasqua deponevano l’abito bianco per tornare alle consuete occupazioni, tu figlio diventi ministro della Parola. Non dimenticare di aiutare il popolo a cogliere la dimensione soprannaturale del girotondo dei giorni. La tua vita è dedicata ad annunziare che il Signore è con noi.
È la consolazione che l’agiografo offre a tutti noi all’inizio dell’Apocalisse[8]. In mezzo ai sette candelabri d’oro, c’è Gesù. I candelabri sono le Chiese di Dio che devono far luce come l’oro che rifulge. È come il campanile di questa Cattedrale, che fa da punto di riferimento al viandante, in qualunque luogo si trovi della città. Sì diciamolo a tutti: Gesù è con noi e non ci abbandona: questo è il tema della misericordia che oggi si rammenta. La Chiesa, ogni Chiesa, esiste per fare incontrare Gesù: la “comunione è per la missione”, insegnava il Servo di Dio Paolo VI.
3. Cui servire regnare est
Questa visone del ministero che ti affido richiede di vivere la nuova condizione di vita con la logica dell’Esodo. La vita è un cammino, talvolta aspro e controcorrente, per uscire dai condizionamenti del tempo e conquistare la propria libertà, aderendo al progetto di Dio. La via del deserto è una dimensione interiore per ogni cristiano, chiamato a morire al peccato per edificare con la sua fatica e sofferenza un mondo più conforme al progetto creaturale di Dio. È la via dell’umiltà di Dio, che ci ha salvati, come ci insegna l’inno di Filippesi,[9] e che sappiamo quanto ti sia cara. Assumendo il ministero diaconale, caro Aldo, fai tuo, ancor più, questo modo d’essere. Il nostro tempo è spesso velleitario e superficiale, fatto più di parole che di gesti. Il Vangelo ci insegna che “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui”[10]. La via di Dio non è fatta di proteste e di parole e di apparenze. Per cambiare il mondo bisogna farsi carico del male, come dei serpenti del deserto e inchiodarlo sulla croce di un impegno quotidiano motivato dall’amore. Questa è la via scelta da Gesù. È lui, alla cui sequela ci poniamo insieme con te, con l’intento di imitarlo.
Sarà facile la tua vita di servizio alla Chiesa se saprai sorreggerti sui due sostegni che la tradizione Cattolica ci offre, quasi ideali sostegno per il cammino. Per andare avanti nel percorso che oggi scegli occorre dare, su tutto, il primato alla preghiera: alla vita secondo lo Spirito. Senza Gesù non si può far nulla. Occorre riscoprire ogni giorno, con pazienza ma anche con coraggio, le ragioni dell’amore.
L’altra racchetta per avanzare nel percorso è che l’Amore diventi coinvolgimento, cioè una storia di attenzioni e di premure verso gli altri, spendendosi senza calcolo, cercando solo il regno di Dio e la sua giustizia. Come Cristo in croce si fa carico delle nostre debolezze, chi intende seguirlo nel ministero è chiamato a farsi carico delle fragilità dell’uomo, per riscattarlo e liberarlo.
Il Diacono è ordinato al ministero, non ancora al Sacerdozio, anche se ad esso, in concreto, ti stai preparando. Essere utile agli altri è la misura di quanto ti è affidato stasera: nel servire è il carattere diaconale. Da oggi, se non ti poni tutto al servizio del Regno non realizzi te stesso, lasci inespressa quella modificazione radicale che lo Spirito opererà tra breve in te per l’imposizione delle mie povere mani. Questa testimonianza quotidiana è il tributo del servizio al Re dei re, “servire il quale è regnare”.
La Città dei Santi risplenda sempre davanti a te e ti sia di conforto nei momenti difficili e di incitamento a proseguire la strada che ora s’inizia, quando la stanchezza e la polvere delle cose di ogni giorno vorrebbero togliere splendore alla meraviglia che oggi ti è affidata: la perla preziosa, il tesoro nel campo, la più bella avventura che può capitare ad un cristiano!

[1] Pontificale Romano, Rito dell’Ordinazione dei diaconi

[2] I Tim 2,4

[3] Cfr Concilio Ec. Vat. II, Lumen Gentium, n°7

[4] Cfr Apoc 19,7

[5] La preghiera è stata pubblicata per la prima volta in italiano sull’Osservatore Romano nel gennaio 1916

[6] Gv 20,29

[7] Cfr .Mt 6,24-34

[8] Apoc 1,12

[9] Fil 2,6-11

[10] Gv 3,17