Vescovo e dottore della Chiesa
n. Montepulciano(SI) 1542
m. Roma, 17.09.1621
Memoria: 17 settembre
San Roberto Bellarmino Vescovo e dottore della Chiesa
Nasce a Montepulciano nel 1542 da una ricca e numerosa famiglia. Roberto Bellarmino nel 1560 entra nella Compagnia di Gesù. Studia a Padova e a Lovanio e al Collegio romano di Roma. In quegli anni tra i suoi alunni c’è san Luigi Gonzaga. Viene creato cardinale e arcivescovo di Capua nel 1599. Diviene un affermato teologo postridentino. Partecipò al processo inquisitoriale di Galileo e di Giordano Bruno. Famosa fu la sua opera “L’arte del ben morire”. Morì a Roma il 17 settembre 1621. Nel 1930, ebbe da papa Pio XI la triplice glorificazione di beato, di santo e di dottore della Chiesa. (Avvenire)
Nato a Montepulciano nel 1542 da una ricca e numerosa famiglia toscana e nipote di un papa (sua mamma era sorella di Marcello II), Roberto Bellarmino nel 1560 entrò nella Compagnia di Gesù, rinunciando a qualunque speranza di carriera umana. Eppure andò molto lontano. Studiò teologia a Padova e a Lovanio e nel 1576 divenne primo titolare della cattedra “de controversiis”, cioè di apologetica o difesa dell’ortodossia cattolica all’Università Gregoriana, che in quell’epoca si chiamava Collegio Romano. In quegli anni tra i suoi alunni ci fu S. Luigi Gonzaga. Creato cardinale e arcivescovo di Capua nel 1599, probabilmente per tenerlo lontano da Roma nel momento culminante della controversia sulla grazia, alla morte di Clemente VIII potè tornare nella città di Pietro, dove esercitò un grande influsso come teologo ufficiale della Chiesa, con la sua dottrina e con l’esempio della sua carità e semplicità di vita, che la gente ammirava. Scrisse molte opere esegetiche, pastorali e ascetiche; fondamentali per l’apologetica sono i voluminosi libri De controversiis.
Morì a Roma il 17 settembre 1621 e il processo di beatificazione, iniziato di lì a poco, si protrasse per ben tre secoli. Poi in un anno solo, nel 1930, ebbe da papa Pio XI la triplice glorificazione di beato, di santo e di dottore della Chiesa. Portati istintivamente ad ammirare il polemista nelle abili schermaglie della parola o dello scritto, ma non ad amarlo perché ce lo rappresentiamo come un uomo di intelligenza superiore, scopriamo con stupore nel dotto gesuita dei lati umanissimi. Nei primi tre anni di vita religiosa egli soffrì di lancinanti dolori al capo e tuttavia al compimento degli studi teologici egli sostenne la difesa della propria tesi per tre giorni consecutivi, dinanzi a un pubblico letteralmente affascinato.
Gli impegni scolastici non lo distrassero mai dalla preghiera. Richiamato a Roma, tra i vari incarichi ebbe anche quello di direttore spirituale, e come tale fu accanto a S. Luigi Gonzaga fino agli ultimi istanti di vita. Se la sua vasta erudizione e la vigorosa dialettica posta al servizio della dottrina cattolica gli valsero il titolo di “martello degli eretici”, un’opera semplice nella struttura ma ricca di sapienza come il suo Catechismo gli ha meritato il titolo di “maestro” di tante generazioni di fanciulli che in quel libriccino a forma di dialogo hanno appreso le fondamentali verità della fede professata col battesimo. Dopo aver colmato un intero scaffale di opere teologiche, scrisse “L’arte del ben morire”, cioè il modo di congedarsi dalla vita con serenità e distacco.
Tratto da www.santiebeati.it