Cari fratelli presbiteri, cari diaconi, cari religiosi e religiose, cari fedeli tutti,
celebriamo quest’anno una pasqua giubilare, una pasqua segnata dalla Grazia particolare della misericordia di Dio che rinnova sempre la vita. E papa Francesco ci ha invitato a vivere questo anno nel segno della speranza. E’ il giubileo della speranza e con esso ci è svelato che noi siamo pellegrini di speranza.
Ed è proprio un dono del giubileo, un dono da accogliere, perché motivi per sperare, in questi nostri difficili tempi, non se ne vedono molti.
In questa epoca la Chiesa è chiamata ad essere annuncio e dono, segno e profezia di speranza.
Lo chiedo a voi allora…
Penso alle nostre comunità, le nostre parrocchie. E guardiamo alla concretezza della loro vita: i catechisti, i cantori, gli educatori dei ragazzi, e poi le famiglie, gli anziani, i giovani se ci sono… Sono luoghi e ambienti, tempi e incontri di speranza? Che aria tira? Che aria si respira nelle nostre comunità?
E voi cari fedeli che siete qui nella Cattedrale. Portate voi, dove vivete, in famiglia, nel lavoro, negli incontri quotidiani il respiro e il profumo della speranza?
Davvero dobbiamo chiedercelo. La nostra Chiesa, e anche la nostra diocesi, sta portando speranza nel mondo e tra la gente?
E poi penso a voi presbiteri in questa giornata a noi particolarmente dedicata. Siete preti di speranza, capaci di avere speranza per sé, per la vostra vita e poi preti che sanno portare speranza negli incontri, nella vita parrocchiale, nell’aprirsi agli altri, nell’andare incontro alla gente, a tutti, nessuno escluso?
Non sto pensando a quella speranza che è di chi dice che “andrà tutto bene” e non è neanche un vago sentimento di ottimismo. Stiamo parlando della virtù della speranza, dunque di un dono che viene dall’incontro con Dio, che è da Lui e che siamo chiamati ad accogliere. La tradizione cristiana ha spesso usato l’immagine dell’àncora che gettata in mare diventa quell’appoggio sicuro che consente di sostare e di stare sicuri. E per noi la speranza è radicata in Cristo che ci ha amati e ci ha salvati.
Ecco di quale speranza dobbiamo essere testimoni e pellegrini: Cristo salvatore di tutti.
Le letture proclamate ci aiutano ad approfondire questa comprensione della speranza e sono una verifica per noi, per chiederci se noi siamo pellegrini di speranza.
La pagina evangelica ci invita a guardare anzitutto a Gesù. E vedere in lui il prototipo della speranza.
Gesù ne parla nella sinagoga di Nazaret. Lo abbiamo ascoltato nel vangelo.
Egli è venuto davvero a portare speranza che è, come recita la profezia di Isaia, “portare ai poveri il lieto annunzio, proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore”.
Tutta la vita di Gesù sarà poi nel segno di questo essere portatore di speranza: lo ritroviamo nelle sue parole sul perdono, sull’amore fraterno e reciproco, sulla misericordia e nei gesti di accoglienza e di guarigione che diffonde.
Gesù è speranza, una speranza che abita anche il silenzio del sabato santo, cioè anche nel regno della morte e nella attesa di una notizia di vita insperata. Egli è speranza, porta speranza.
La pagina evangelica richiama alcune categorie di persone… e potremmo pensare che noi non ci siamo, che forse non abbiamo bisogno noi, che non serve che Gesù faccia il bene proprio a noi, alla nostra vita.
L’elenco evangelico invece vuole riassumere ogni bisogno dell’umanità, arrivando fino a te, fino a me e per noi Gesù dice: “Sono venuto per…”.
Comunità/Chiesa di speranza, uomini e donne di speranza, preti di speranza… è possibile solo se abbiamo vissuto l’incontro con Gesù come vero Salvatore, come colui che ci dà la vita, che ci promette vita e che segna i nostri passi nell’amore, amandoci.
La speranza, dicevamo, non è ottimismo, ma è sapere che Gesù è il vivente e che è con noi, non ci abbandona.
Cari presbiteri, lo dico anche per me, rimaniamo attaccati a Gesù, seguiamo davvero Lui, sentiamoci amati e perdonati, benedetti e custoditi da Lui e questo balsamo di amore ci sosterrà nella speranza.
Ma dove attingere poi per noi comunità e per noi preti questo dono della speranza?
Le prime due letture ci aiutano a scoprire.
Isaia ci ricorda che “lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione”.
E san Giovanni nell’apocalisse ci ricorda l’opera di Gesù per noi: “Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio”.
Attingiamo il dono della speranza dal pozzo della grazia di Dio e del dono dello Spirito santo. Siamo unti, consacrati, tutto il popolo di Dio nel battesimo e i presbiteri poi anche nella ordinazione presbiterale. Siamo consacrati, cioè abitati dallo Spirito che è amore. Ed è questa la sorgente, la fonte della speranza. Tutto questo vuol dire che lo Spirito opera e che siamo chiamati a lasciarlo fare e a contare di più su quello che fa Lui piuttosto delle nostre opere. Qui è la speranza: sappiamo, anche in questi nostri tempi, che lo Spirito opera e anche oggi sta facendo grandi cose.
Non possiamo andare a cercare speranza nelle consolazioni umane, nelle garanzie che pensiamo di darci noi, nell’ottimismo che vorremmo – e sarebbe già tanto – , in conferme che altri potrebbero darci… Si vuol dire che la fonte della speranza non è in prospettive e situazioni ragionevoli che possono giustificare questo sentire.
Invece…, la speranza nasce dal dono dello Spirito che ci è stato dato, ed è spirito di amore e di vita, di fraternità e di futuro. E’ Spirito che opera, fa lui.
Essere pellegrini di speranza vorrà dire lasciar lavorare lo Spirito in noi… e invocarlo come dono nella preghiera.
Possiamo avere speranza, cari preti, perché sappiamo che abbiamo in dono lo Spirito che opera abbondantemente.
Si tratta di vivere una vera vita spirituale, soprattutto nello spazio della preghiera, ma poi in quella vita che è ciò che lo Spirito opera in noi.
E’ ancora Isaia a indicarci la via del pellegrinaggio nella speranza, richiamando le opere dello Spirito. Sono le stesse che Gesù aveva richiamato e che abbiamo sopra riportato.
Portatore di speranza è chi fa opere buone, di liberazione, di amore, di comprensione.
Allora fratello prete… sei un uomo di speranza? Le tue mani, i tuoi occhi, il tuo volto, i tuoi passi, i tuoi sentimenti ed emozioni compiono opere che portano nella vita della gente il sollievo della luce e della speranza, della gioia e del perdono?
Potremmo aprire il libro della nostra vita e scoprire pagine che raccontano i tanti incontri, parole, celebrazioni, preghiere che hanno portato segni di speranza nella vita di chi ne aveva bisogno.
Cari preti e anche ogni comunità: andate a ricercare queste pagine della vostra vita.
Mi vengono in mente pagine di preti pellegrini di speranza.
Penso a don Milani, nella sua Barbiana, segno di speranza nella scuola e nella educazione per i ragazzi di quello sperduto borgo.
Penso a don Giovanni Barbareschi, prete milanese, arrestato dai nazisti il giorno della sua prima Messa, fermo nel resistere anche alle torture, giovane aquila randagia che aiutava gli ebrei a scappare in Svizzera e poi prete con la mente aperta, cercando sempre gli orizzonti della libertà.
Penso a don Agostino, quando già avanti negli anni ha continuato indefesso come fedele cappellano di ospedale, e lo ricordo col sorriso e l’animo leggiadro nel portare speranza e una parola di bene e di incoraggiamento nelle corsie ospedaliere.
Penso a don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, che con speranza ha affrontato la dura malattia fino alla morte, instancabile testimone di fraternità e missionario di pace, portatore di amicizia, seppure gravemente malato, nella Sarajevo assediata dalla guerra.
Penso al Card. Carlo Maria Martini che da arcivescovo di Milano ha accompagnato tanti cammini di giovani a scoprire l’ascolto e la ricchezza della Parola di Dio.
Penso a don Beppe Diana, a don Pino Puglisi uccisi per la loro fedeltà al vangelo e alla dignità di ogni persona e il rifiuto di ogni forma di ingiustizia, di violenza, di sopraffazione di ogni forma mafiosa. Tutti loro, pellegrini di speranza.
Ma quanti preti pellegrini di speranza ha avuto la nostra diocesi! Li conosciamo, e non è possibile qui farne l’elenco, ma solo per cominciarlo potremmo dire: don Dino Liberatori, don Sergio Carapelli, don Alcide Lazzeri e quanti altri…
So caro fratello prete a cosa forse stai pensando. Forse ti stai chiedendo se andando avanti in questo elenco non potrei anche citare il tuo nome, la tua vita di prete. Certo che in questo elenco ci sta, ci sta proprio bene! Il tuo nome.
Apri tu le pagine del libro della speranza e scrivi il tuo nome, puoi aggiungere anche i momenti più belli in cui hai vissuto il dono della speranza, quando almeno un sorriso è apparso sul tuo volto; e vorrei invitare a lasciare poi la pagina bianca perché al nostro nome possa aggiungersi quello di tanti amici, fedeli, gente della quotidianità che in famiglia, a scuola, nel posto di lavoro, nelle amicizie… si fa portatore di speranza.
Speriamo che le pagine di questo libro bastino perché, ci auguriamo, tutti noi qui presenti possiamo scrivere il nostro nome. Non perché depositari di una verità che è solo il vangelo, ma perché, per dono, ci scopriamo portatori e pellegrini di speranza.
+ Andrea Migliavacca
Riprese di TsdTv